Le antiche Compagnie della Calza

Florilegio di citazioni antiche

Compagnia della Calza

di Ermolao Paoletti,
tratto da «Il fiore di Venezia; ossia, I quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi veneziani», 1837

Era la compagnia della Calza una società di gentiluomini o di cittadini veneziani, con qualche forestiero di sangue prin- pesco ancora, che instituitasi nel principio del secolo XV durò sin verso la fine del seguente. Con licenza del consiglio de' X e con sopraintendenza del magistrato de' Provveditori del Comune era scopo de' suoi membri l'esercizio di scambievoli uffizii di amicizia ed il ricrearsi con onesti diporti e piacevoli trattenimenti. Davano essi quindi a proprie spese allegrezze pubbliche con rappresentazioni teatrali, musiche sull'acqua, regatte, mascherate, feste a ballo ed altri pomposi spettacoli, specialmente nelle nozze, negl'ingressi di procuratore, nel venire de' principi forestieri in Venezia, ec. Di persone in gran numero e di varie partite sotto particolari capi la compagnia era composta. Ognuna delle quali partite, nelle comparse pubbliche, abito particolare portava, con la calza alla parte diritta, dalla metà della coscia sino al piede, di vari colori distinta, ed anche guernita d'oro o d'argento o di perle o di gioie. Le calze di una partita erano differenti da quelle dell'altra, siccome pure diversi erano i nomi di ciascuna partita ; perciocché v'erano i Cortesi, i Sempiterni, i Floridi, gli Accesi, i Pavoni, gli Eterei, i Reali ed altri in altro modo chiamati. Nelle calze poi tante e tali varietà si sono introdotte, che non più bastava la divisa di una calza a mostrare di quale partita un compagno si fosse. Per la qual cosa fu decre tato che tutti portassero la calza di colore uniforme, avvegnaché rimanesse la sinistra ad essere sino alla metà intrecciata d'oro ed ornata di gioie. Nelle funzioni altri vestivano giubboni di velluto o di drappo d' oro e le maniche portavano attaccate con istringhe con punta d'oro massiccio e scavezzate in mezzo, affine di far uscire fuori la camicia; altri portavano veste ducale di tabino chermisino; altri aveano una forma di mantello a cappuccio; altri un'altra, a seconda, non solo delle varie partite, ma delle varie stagioni, delle varie circostanze, acciocché la varietà meglio recasse diletto. Il gran priore della Compagnia vestiva però alla cavalleresca colla toga d'oro avente un grande strascico, e con un'aurea collana al collo. Ogni partita aveva due sindaci, un cappellano, un notaio ed un nunzio, e nelle comparse pubbliche sommo sfarzo ciascuna faceva di famigli , di assise, di suoni e di somiglianti magnificenze. Si narra che la partita dei Sempiterni, nel celebrare la sua maggior festa, rappresentò nel canal grande la macchina del mondo, nel vacuo mezzo della quale, tutto addobbato d'oro e di seta, stavano da duecento gentildonne, che ballando al suono di dolcissimi strumenti erano tirate da' palischermi ed altri legni per lo corso dell'acqua. Immagini ognuno a vedere tale spettacolo quale sarà stata la calca del popolo per le finestre, per le fondamente; immagini il corteggio delle barche, le maschere, i conviti, conformo agli ordini della compagnia delia Calza, e pensi poscia che cosa fosse allora questa città, quali le ricchezze sue, e quale sovra tutto lo spirito che movea i compagni della Calza ad intrattenerla in somiglianti sollazzi.

Note storiche di Giuseppe Tassini

Erano brigate di giovani, per lo più gentiluomini Veneziani (1), che incominciarono ad unirsi sul principio del secolo XV (2) allo scopo di tenere allegra la città, mediante pubblici spettacoli, e che presero il nome dall’indossare calzoni (anticamente pur calze appellati) stretti alla carne, con una gamba differentemente dall’altra divisata a più colori, e coll’impresa della compagnia, ricamata talora in oro, perle, e pietre preziose. Portavano poi un mantello di panno d’oro, damasco, o tabù chermisino, con lungo ed appuntato cappuccio, sul rovescio del quale vedevasi l’impresa particolare d’ogni compagno; oppure una vesta ducale, a maniche aperte, del drappo medesimo, con una stola sull’omero destro. Avevano di sotto una giubba, pur essa di panno d’oro, velluto, o seta, stretta da leggiadra cintura, e con maniche fermate, per mezzo di stringhe, con punte d’oro massiccio, e scavezzate, o tagliate nel mezzo, donde traspariva alcun poco la camicia. Coprivano il capo con un berretto di preziosa stoffa o rossa, o nera, ornato in punta da un giojello, ed alquanto pendente sull’orecchio, facendone uscire i capelli lunghi e sciolti, od allacciati, mediante serico nastro. Adopravano scarpe verso la punta perforate, fregiavansi di collane d’oro, ed alcuni tenevano in mano una palla odorifera (3). Siccome poi, oltre le mogli dei compagni, si ammettevano talvolta a far parte della compagnia alcune altre gentildonne, anch’esse portavano l’impresa comune, ma sopra una delle maniche. Perché si potesse formare una Compagnia della Calza, occorreva la licenza del Consiglio dei X, ed allora i soci compilavano il loro statuto, ove, tra le altre regole, di determinava il tempo della durata della compagnia, ed eleggevano un priore, un camerlengo, un secretario, due consiglieri, un cappellano, ed un nunzio, messaggio, conducendo pure ai propri stipendii un poeta (4) un architetto (5) ed un pittore (6). Non di rado aggregavano al proprio corpo anche qualche principe, o qualche signorotto d’Italia. Quindi in un giorno prefisso ricavansi in qualche chiesa, ove dal loro cappellano facevano cantare la messa dello Spirito Santo con musica sfarzosa, e si obbligavano con giuramento ad osservare lo statuto. Esso per solito (7) voleva banditi dalla società i giuochi d’azzardo, e prescriveva la concordia, ed il secreto delle deliberazioni ai fratelli. Se uno di questi ammogliatasi, doveva per due volte banchettare gli altri, l’una in sua casa con musica e momarie (8), l’altra in casa della sposa, e doveva regalare il notajo, il cappellano, ed il messaggio. Se poi moriva, assumevano i compagni per quattro giorni il corruccio, ed al contrario, qualora accettatasi un novello iniziato, si facevano cene, ed altre allegrezze. Accadendo finalmente di festeggiare, eleggevasi un signore a capo della festa, con obbligo di provvedere al buon ordine della medesima. Chi contravveniva a tali discipline pagava una multa in danaro, che devolvevasi a benefizio della società.

Varie furono le Compagnie della Calza, avendosene dal 1400 al 1562 contate quarantatré (9). La prima chiamassi dei Pavoni, eretta nel 1400, e l’ultima degli Accesi (10). Ebbero vita eziandio quella dei Fedeli (11), dei Modesti (12), dei Concordi (13), dei Floridi (14), dei Reali (15), dei Cortesi (16), dei Sempiterni (17), ed altre molte rammemorante nei Diarii del Sanuto. I loro festeggiamenti consistevano in balli, conviti, mascherate, rappresentazioni teatrali, regate, armeggiamenti, e pompose cavalcate, in occasione delle quali costumavano talvolta di gettare uova piene d’acqua rosata, o muschiata, verso le finestre, occupate dalle belle spettatrici. Gli scrittori trattarono a preferenza degli spettacoli offerti nel secolo XVI dai Reali, dai Sempiterni, e dagli Accesi. I primi del 1529, volendo festeggiare la venuta a Venezia di Francesco Sforza, duca di Milano, oltre una magnifica festa, a cui intervennero cento donne patrizie, ed un solenne convito dato al duca, e al doge Andrea Gritti con altri nobilissimi signori, fecero ammirare una superba regata, ed una finta battaglia navale, in cui da trenta biremi espugnassi un castello di legno sovrapposto ad alcune galee (18). I secondi nel 1541 costrussero sopra alcune chiatte, unite insieme, una macchina in forma di mezzo globo, entro alla quale, regalmente addobbata d’oro, e di seta, ballarono, al suono di musicali strumenti, con duecento gentildonne, mentre fra gli applausi popolari, venivano tratti a rimorchio pel Canal Grande, essendo tutti i tetti, finestre, e rive ricoperti di maschere (19). Diedero eziandio una regata, e più tardi una commedia. Questa fu la Talanta di Pietro Aretino (20), pell’apparato della quale venne chiamato a Venezia Giorgio Vasari, che associassi nel dipingere Cristoforo Ghepardi, e G. Battista Cangi (21). La loro regata, a cui intervenne il duca di Ferrara, diedero parimente gli Accesi nel 1561, ed altra nel 1564 allorquando aggregarono alla loro compagnia Francesco Maria dalla Rovere, principe d’Urbino. In tale incontro trassero pel Canal Grande una macchina non dissimile da quella dei Sempiterni (22) ed in progresso di tempo fecero recitare in un teatro, appositamente eretto dal Palladio, nell’atrio del monastero della Carità, la tragedia d’un Pigatti, o del Monte, Vicentino, intitolata l’Antigono, dipingendone Federico Zuccaro le scene (23). Le Compagnie della Calza cessarono nella seconda metà del secolo XVI.

Note


  1. Vi furono però delle compagnie composte, come vedremo, soltanto di cittadini.


  2. Alcuni vogliono che ciò avvenisse nel 1400 per onorare il doge Michiele Steno nuovamente eletto; altri in quella vece nel 1401 per onorare la venuta di Roberto imperatore con Elisabetta sua sposa.


  3. Vecellio: Degli Habiti Antichi e Moderni di diverse Parti del Mondo.


  4. Uno di questi fu, come vedremo, Pietro Aretino.


  5. Citiamo fra questi il Vasari, ed il Palladio.


  6. Tiziano, Vasari, lo Zuccaro, ed altri operarono per le suddette compagnie.


  7. Vedi lo statuto dei Sempiterni pubblicato da Bernardo Giustiniani nelle sue Historie Cronologiche dell’Origine degli Ordini Militari.


  8. Delle Momarie parleremo al Cap. VIII


  9. Sansovino: Venetia ecc.


  10. Fu eretta nel 1561 colla calza destra di colore turchino, e colla sinistra bianca, turchina e rossa. Aveva per impresa una caraffa di cristallo ripiena d’acqua, percossa dai raggi solari, che riverberava sopra un diamante vicino, e mostrava d’accenderlo. Era composta da sedici patrizi Veneziani, a cui s’aggiunse un gentiluomo Cremonese di casa Affaeatati.


  11. Eretta nel 1459 colla calza destra di scarlatto, e colla sinistra mezza gialla, e mezza azzurra. Era composta da dieci cittadini.


  12. Abbiamo lo statuto dei Modesti in data 10 febbraio 1486 M.V. nel Codice Cicogna 2977.


  13. Eretta nel 1489. V’entravano cinque cittadini.


  14. Eretta nel 1529 colla calza destra di dentro scarlatta, e di fuori metà pagonazza, e metà berrettina: colla sinistra poi tutta verde.


  15. Eretta nel 1529 colla calza destra tutta scarlatta, e colla sinistra metà azzurra e metà pagonazza. L’impresa ricamata era un cipresso col motto: Al ciel s’erga il degno nome!


  16. Eretta nel 1533.


  17. Eretta nel 1541. Bernardo Giustiniani nell’opera citata presenta anche gli abiti di questa compagnia.


  18. Pancratii Justiniani Epistolae.


  19. Sansovino: Venetia ecc.


  20. Venne pubblicata nel 1542 in Venezia per Francesco Marcolini e, come dice il frontespizio, fu composta a petitione dei magnifici signori Sempiterni, e recitata dalle lor proprie magnificentie con mirabil superbia d’apparato.