La Festa secondo I Antichi

Dalle Momarie alla Festa

Non è facile raccontare, a chi non vi ha mai assistito, che cos'è uno spettacolo della Compagnia de Calza «I Antichi».

Perché si discosta in modo totale da quanto si può vedere attualmente sulle scene e sulle piazze, e perché è un qualcosa di assolutamente unico, che non riscontri né eguali, e che fa perciò delle esibizioni de «I Antichi» un evento originale. Pur utilizzando spesso e largamente a completamento dei propri spettacoli artisti professionisti di alto livello di vari paesi (comici, musici, acrobati, scenografi, registi, costumisti), i Compagni de Calza rimangono sempre, da venticinque anni - e se ne vantano - degli splendidi «dilettanti» nel senso settecentesco ed aristocratico del «diletto», cioè del piacere che prendono e danno nel corso delle loro esibizioni, fedeli al loro motto istitutivo di «divertire divertendosi».

I Compagni de Calza non sono attori professionisti, non sono una compagnia amatoriale, non recitano, non fanno in alcun modo il verso ad alcuno. Non fanno nemmeno teatro di strada, anche se privilegiano la piazza come luogo eletto per le loro esibizioni. Si richiamano alle antiche tradizioni, alle feste e ai giochi popolari della grande civiltà della Serenissima Repubblica di Venezia, e non per nostalgia, ma con ironia e trasgressione. È per questo che i loro spettacoli si chiamano, come in antico, «Momarie» e «Demonstrationi». Cioè movenze, lazzi, motteggi, e rappresentazioni di usanze antiche e bizzarre, riprese dai testi antichi della millenaria tradizione veneziana, e a volte reinterpretate e riaggiornate. Per questo «I Antichi» non recitano ma interpretano, ridanno vita a feste e spettacoli dimenticati, e si calano ciascuno nei panni di personaggi antichissimi e bizzarri, ai quali ridanno vita, anima e storia, in spettacoli unici, paradossali, ironici, maliziosi e trasgressivi. In una parola: imperdibili.

«Ma una curiosa arte rappresentativa, peculiarmente veneziana, si chiamò momaria, e in origine si faceva in occasione di nozze. Finito il banchetto nuziale, qualcuno, forse l'oratore nuziale, narrando le imprese degli antenati degli sposi, accompagnava il racconto con lazzi, scherzi e amplificazioni burlesche e ridicole. Si è molto disputato sul significato della parola momaria, che vorrebbe dire mascherata o giulleria, corrispondente al francese mommerie; ma non sempre era una semplice buffoneria e viene citato il Panegirico d'un anonimo dell'anno 1497, per le nozze di un Pisani, dove erano descritti ludicra spectacula, que «bombaria» vulgus appellat, ne' quali facevano comparsa numi ed eroi della mitologia. L'azione, ristretta dapprima a una sola persona, che doveva con le parole e con l'azione rallegrare le brigate nuziali, si andò ampliando e trasformando in uno spettacolo, per lo più muto, con vari personaggi che (...) traeva ispirazione dalla mitologia e dalle fonti dell'arte antica.»

Da: «La storia di Venezia nella vita privata» P. Molmenti, 1910.