I giocattoli: carri navali guerreschi

Concepiti nell’estate del 1988, i più grandi giocattoli de I Antichi vedono la luce all’inizio del 1989. I carri della Compagnia debuttano nella nebbia di gennaio: sono due carri gemelli costruiti in legno su uno scheletro nascosto di ferro; entrambi dotati di ruote vere e nascoste per poter essere manovrati da un manipolo di uomini per mezzo di lunghi timoni, e di ruotoni posticci per far figura.

Ciascun carro è dotato di un vero ponte levatoio azionato da argani da una parte e di uno scivolo all’altra estremità. Sono sormontati da coffe montate su uno dei due alberi simmetrici; coffe, funi, argani e fasciame danno loro un inconfondibile tocco navale. Manovrati opportunamente, possono essere disposti in modo da comporre un ponte da usare come palcoscenico per le più disparate avventure.

L’occasione è il recupero dell’antica tenzone del Ponte dei Pugni, tradizionale combattimento con canne o a mani nude, tra i campioni dei Nicoloti e dei Castelani, le due fazioni cittadine acerrime rivali nell’antichità veneziana. Scrive Zane Cope: «Si tratta di collocare su un campo o piazza due carri di guerra che partendo da punti opposti, s’incontrano formando un ponte. I carri saranno spinti ciascuno dalla sua fazione: Rossa per i Castellani, Nera per i Nicolotti. L’azione del congiungimento dei carri avrà carattere spettacolare, segnando l’inizio della manifestazione».

Ma, com’era intenzione del Gran Priore, e come poi accadde successivamente, i carri navali de I Antichi avrebbero conosciuto molti altri usi e destinazioni, spediti in Francia a Lione, usati in Piazza San Marco con intenti meno bellicosi, avrebbero perfino subito una clonazione a Monaco di Baviera per motivi di spazio, con una riproduzione in scala ridotta adattata a Nave dei Folli nel Deutsches Theater (vedi la testimonianza fotografica).

I carri da guerra, ponte e barche su ruote vengono così ideati da Paolo Zancopè e realizzati su progetto del Mondonovo di Guerrino Lovato e Giorgio Spiller. Per costruirli vengono impiegati dodici metri cubi di tavole di abete e larice e trenta travi di pino e abete, verricelli in rovere, assi in acciaio, bande varie in lamiera per rinforzo, una dozzina di chili tra viti mordenti e chiodi con testa a bugna, cento metri di catene, duecento metri di cordami e vari metri quadri di stuoie e tela per bandiere e vessilli.

Il tutto per un costo, fra progettazione, manodopera e materiali, di trentacinque milioni delle vecchie lire. Lunghi cinque metri e larghi tre, i carri sono la materializzazione del car navalis cui si fa risalire l’origine del Carnevale, sono la rivisitazione adulta dei carrarmatini con cui un tempo giocavano i bambini. E sono stati per molti anni la croce e la delizia di maestro alle macchine Gianni Cognolato, e della moglie Mafalda, che li hanno montati e smontati innumerevoli volte.

Giova ricordare che, per un imperdonabile ma comprensibile errore di valutazione, le misure dei carri non sono standard e non entrano nei comuni e usuali mezzi meccanici di trasporto mossi da motori a combustione interna e comuni sulla terra e sui mari del mondo: ciò li rende non solo disagevoli da muovere, ma oltremodo costosi.

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