Anno 2006

Un riconoscimento prestigioso come l’ingresso con due spettacoli nella Biennale Teatro e un attivismo sfrenato con molte altre iniziative contraddistinguono l’anno in cui la Compagnia de Calza compie venticinque anni di vita. Per il festival diretto da Maurizio Scaparro gli Antichi mettono in scena «La sorella segreta di Marco Polo» e «un Milione di letture», mentre, sempre per il Carnevale di Venezia che inaugurano con un grande corteo, danno vita a un ciclo di eventi legato all’erotismo: la mostra d’arte «Priapeide», il recital «Carmina Vulvae», il «Gran balo de l’amor serenissimo», e la presentazione del volume bifronte palindromo e bustrofedico «Le Tavole Sinottiche del Casso» e «Le Tavole Sinottiche de la Mona», oltre al consueto Festival di Poesia erotica giunto alla XIV edizione. Quindi in aprile tornano per la quinta volta alla «Kadewe» di Berlino con «Il Minuetto di Casanova», e a giugno vanno in scena con un nuovo spettacolo, «Il segreto dell’Onfalomante», al «Festival del teatro di scena e di strada» di Mantova. A luglio tornano alla Biennale con «La disfida dei Carlo» e debuttano alla Fenice con «El Baffo de Mozart».

2006 - Venticinquesimo anno

LA COMPAGNIA de Calza «I Antichi» compie venticinque anni di vita, e li festeggia nel modo migliore, e più prestigioso, partecipando con due suoi spettacoli, «La sorella segreta di Marco Polo» e «Un Milione di letture», al festival della Biennale Teatro «Il drago e il leone» diretto da Maurizio Scaparro, che va in scena dal 21 al 28 febbraio 2006 al Carnevale di Venezia.

Era infatti il 28 febbraio del 1981, come raccontato all’inizio di questo libro, quando la Compagnia fondata dall’avvocato e antiquario veneziano Paolo Emanuele Zancopè con la complicità di Orazio Bagnasco e di Alberto Moravia, debuttò in un campo San Maurizio gremito di folla con il gran ballo macabro «Il Trionfo della morte». Da allora gli Antichi, guidati dai quattro Priori che si sono succeduti, Luca Colferai, Guerrino Lovato, Jurubeba Bomfim, Roberto Bianchin, hanno partecipato a tutte le edizioni del Carnevale di Venezia -unico gruppo cittadino che può vantare questo primato– e hanno messo in scena centinaia di spettacoli, feste ed eventi, in molte città italiane e in diversi paesi dell’Europa e dell’Africa: da Venezia a Milano, da Napoli a Palermo, da Monaco a Berlino, da Parigi a Malta, da Salonicco a Khartoum.

«Da venticinque anni giornalisti, scrittori, macellai, artigiani, rappresentanti, sarte, gondolieri, commesse, antiquari, alla chiamata del Priore smettono i loro panni quotidiani infilandosi l’abito rosso, oro e viola della Calza e diventando artisti della vita», scrive l’arguta penna di Sebastiano Giorgi in una pagina celebrativa dei venticinque anni degli Antichi, pubblicata su «La Nuova Venezia», «Il Mattino di Padova» e «La Tribuna di Treviso» del 17.1.2006. La pagina è intitolata «Il divertimento come statuto», e la Compagnia de Calza viene definita «La vera anima di Venezia», in quanto protagonista di «una girandola di provocazioni, idee, spettacoli e licenziosità, riprendendo una tradizione coltivata dal governo serenissimo, che esplode soprattutto a Carnevale». La lunga avventura delle nozze d’argento con le feste-spettacoli-eventi tipici della Compagnia e chiamati alla maniera antica «momarìe» e «demonstrationi», viene celebrata da tutti gli Antichi che il 18 gennaio si riuniscono in assemblea plenaria nelle Sale Apollinee del Gran Teatro La Fenice per ricordare l’anniversario e preparare il Carnevale. «Venticinque anni di feste, invenzioni, travestimenti, festival di poesia erotica, mostre, pubblicazioni, ma soprattutto di divertimento -scrive «La Nuova Venezia del 19.1.2006– è la lunga e trasgressiva storia della Compagnia de Calza «I Antichi» che ieri, festeggiando l’anniversario, si è riunita alla Fenice per mettere a punto gli ultimi dettagli organizzativi per il Carnevale». Il quotidiano veneziano definisce la Calza «un’intuizione intelligente che ha dato vita a un sodalizio artistico e culturale figlio della più grande tradizione della Venezia del Carnevale». Gli Antichi si ritrovano quindi nei giorni successivi al Teatro Junghans della Giudecca per le prove degli spettacoli programmati per il Festival della Biennale Teatro.

2006 - La sorella segreta di Marco Polo

È il nuovo spettacolo che gli Antichi presentano alla Biennale Teatro, e che va in scena per sei sere consecutive, dal 23 al 28 febbraio, nei teatri veneziani: due volte al Teatro Malibran e altrettante al Teatro Piccolo Arsenale, una volta al Teatro Goldoni, e una volta, l’ultima sera di Carnevale, al Gran Teatro La Fenice, in occasione del Gran Gala dedicato alla Cina in cui le Distillerie Bottega, sponsor storico degli Antichi, premiano il sovrintendente della Fenice Giampaolo Vianello con una mega-bottiglia di grappa Alexander in vetro soffiato che contiene all’interno il mitico uccello della Fenice in purissimo cristallo.

Il titolo completo dello spettacolo, inserito in uno speciale-Biennale su Rai Sat Premium, è: «La sorella segreta di Marco Polo, ovvero la donna che inventò l’amore a tempo e la maglietta dei gondolieri». Quasi un rebus che verrà spiegato agli spettatori, come vedremo, solo al termine dello spettacolo. Si tratta di una «momarìa burlesca in tre tempi, con un prologo, un apologo e un epilogo», ideata e diretta da Roberto Bianchin e Luca Colferai, con la partecipazione di Maurice Agosti nei panni di Marco Polo e della di lui sorella, e degli acrobati Moira Orfei Jr. e Micha Malachikine del circo di Moira Orfei. Uno spettacolo ideato per legare Venezia alla Cina, cui è dedicata la rassegna teatrale della Biennale, attraverso la figura di Marco Polo, e per legare il teatro alla piazza attraverso le azioni della Compagnia all’esterno e all’interno dei teatri.

Lo spettacolo, che è l’ideale prosecuzione de «Il ritorno di Marco Polo dal Catai», messo in scena dagli Antichi nel 2004 a Venezia e a Brisighella, si apre all’esterno dei teatri, in un campiello rischiarato dalle torce, tra il pubblico che si sta recando alla rappresentazione, e che incontra un gruppo di veneziani in abiti d’epoca. Sono parenti e amici di Marco Polo che, aspettandone il promesso ritorno, chiacchierano tra loro e con il pubblico, informandolo dell’imminente arrivo del più celebre viaggiatore della storia.

Tra questi, si riconoscono i Gemellini Polo, cioè i fratelli di Marco, Marchino (Colo de Fero) e Polino (Bob R. White), la mamma di Marco (Cleonice Silvestri), il Doge (Aldo Colferai), il Patriarca (Carlo R. Bullo), la Cortigiana Donna Lucrezia (Sandra Vigarani), la Badessa del Convento di Murano (Daniela Barovier), i lettori del Milione (Enrico Callegher, Paolo Zennaro). A un certo punto Marchino Polo si porta al centro del gruppo dei veneziani chiacchieroni, li zittisce bruscamente, estrae un lungo e pesante cannocchiale rosa, scruta a lungo in fondo alla calle più lontana e comincia a parlare a voce forte e nuda.

«Mah...Eppure il secolo è questo. E pure l’anno, e il mese! E mi pare che anche la settimana sia proprio questa...anche il giorno è quello giusto, e persino l’ora dovrebbe essere esatta...Scusa vecio (rivolgendosi a uno spettatore di passaggio) che ora xe?».

Irrompe Polino Polo: «Xeo rivà?».

Marchino: «Ma come ti te ga vestìo?».

Polino: «No se vede? Da gay-sha! Me so vestìo cussì par far festa a nostro fradèo. Par farlo sentir a casa me so vestìo come se veste la zente che par tanto tempo l’ha ospità!».

Si sente una voce gridare dal fondo del campo. È quella di Marco.

«Mama! Fradei! So qua! So rivà!».

Marco Polo, riccamente vestito, e protetto dalla sua personale «guardia del porco» (Lucas Christ) che brandisce un enorme spadone, arriva a cavallo di un bizzoso cavallino di legno di nome Kirin. Dietro di lui, festante e scomposto, un bizzarro corteo orientale, composto dal Gran Khan (Michele Busetto) e la sua gentile consorte, la molto avvenente Gran Khagna (Gianni Matteucci), un mercante di schiave (Zanzorzi Zancopè), una schiava (Giulia Andreani), una danzatrice del ventre (Giulia Renier), una sultana (Jurubeba Bomfim), un’odalisca (Rita P. Trou), una venditrice cinese (Lugina Allegranzi), un emiro (Sebastiano Casellati) e la Regina di Cipro Caterina Cornaro (Nedda Lucchese). Urla, grida, feste, tripudi, baci e abbracci con tutti. Ma il cavallino di Marco presto si imbizzarrisce, e corre come impazzito verso l’ingresso del teatro, seguito da tutti, orientali e veneziani, che lo inseguono affannati e gli gridano di fermarsi: «Fermite Marco, vien qua!». Grande trambusto. Ma Marco non riesce proprio a fermare il suo cavallino imbizzarrito, che prosegue la sua corsa seguito da tutti ed entra a teatro mescolandosi agli spettatori. Qui finalmente Kirin si quieta, e mentre un pupazzo a grandezza naturale, animato da Moira Orfei Jr., fa lottare e ballare due cosacchi avvinghiati fra loro, Marchino Polo può raccontare agli spettatori come fu che scoprì la storia della sorella segreta.

«Tutto cominciò e finì con una lettera. L’ultima porta la data del 31.6.1982 e fu spedita dall’allora Direttore della Biennale Teatro (la firma in calce, corrosa dalla salsedine, è illeggibile) alla Compagnia de Calza «I Antichi» che stava mettendo in scena «Il ritorno di Marco Polo dal Catai». In essa si chiedeva agli Antichi, «conoscendo la Vs. propensione alle riscoperte storiche», se per caso nelle loro ricerche intorno alle avventure del celebre viaggiatore veneziano, si fossero imbattuti in qualche elemento utile a svelare il mistero delle pagine strappate dal Milione (due, nella parte finale del manoscritto originario), che per lungo tempo avevano appassionato e diviso gli storici facendo fiorire le interpretazioni più disparate.

La Calza rispose che avrebbe indagato e affidò le ricerche all’uomo più dotato (letterariamente e non solo) che possedeva, il Procurator Grando Luca Colo de Fero Colferai. Lunghi anni passarono in silenzio. Finché, in un afoso pomeriggio di agosto del 2004, mentre stava completando i suoi studi intorno ai costumi sessuali dei gasteropodi della laguna sud, il Procurator Grando si imbattè in una lettera custodita in un forziere piombato nei sotterranei della biblioteca Marciana di Venezia, che attirò subitamente la sua attenzione. La missiva, vergata con una grafia minuta e regolare, era infatti diretta a un tale «Messer Polo Veneziano» e conteneva una serie di lamentele e contumelie nei confronti del medesimo. La lettera, composta da un unico foglio, era purtroppo incompleta, e non conteneva alcuna indicazione utile per risalire al mittente, né nome né luogo né data, solo una generica allusione a uno sperduto monastero nei dintorni di Ulan Bator. Tanto bastò. Qualcosa, come un presentimento, scattò nella fervida mente del procurator Grando, che decise, dopo un rapido consulto con sé medesimo, di partire immediatamente per la capitale della Mongolia, dove con l’aiuto di un vecchio amico, il veronese di Legnago Tony Giarolimetto, direttore di un circo di lillipuziani in quelle terre lontane, riuscì a individuare e raggiungere il monastero indicato nella missiva. Fu qui, grazie alla complicità del Priore, Padre Assiyo, proveniente da famiglia di origini circensi e lillipuziano anch’egli, che riuscì a scoprire, negli archivi polverosi del monastero, le tracce che si ritenevano perdute della sorella segreta di Marco Polo, e che erano state cancellate dal Milione in quelle pagine strappate per opera dell’Inquisizione, nell’intento di tener celata ai posteri la sciagurata esistenza della sorella del grande viaggiatore. La quale infatti, a un certo punto della sua vita, decise di ritirarsi a vita monastica, abilmente travisata in abiti maschili, al fine di espiare le colpe di una vita dissoluta alla quale era stata costretta per mantenere agli ozi e ai vizi dell’Oriente il celebre fratello, come scriveva lei stessa nella rancorosa missiva fortuitamente rinvenuta alla Marciana».

Ora, racconta ancora Marchino Polo, «Marco ci ha portato una sorpresa. È infatti con grande gioia e smisurato orgoglio che possiamo annunciare che la sorella di Marco è tornata anche lei dal Catai, ed è finalmente qui con noi. Marco, dove xe to sorèa?».

Marco Polo: «Boh! La gera qua un momento fa. La se gavarà fermada a ciacolàr coi gondolieri, a Sant’Orgasmo!».

Il prologo della momarìa si conclude qui, all’inizio degli spettacoli. Il secondo tempo, l’apologo, si svolge durante l’intervallo, quando i foyer dei teatri vengono trasformati dagli Antichi in altrettanti souk dall’atmosfera magica e stravagante, in cui Marco mostra i «regali» che ha portato dall’Oriente. Tra questi, ci sono due meravigliosi acrobati, provenienti dal Circo di Moira Orfei in esclusiva per gli Antichi grazie alla complicità dello storico del circo Alessandro Serena, che danno vita a un difficile e raffinato «adagio acrobatico» che fa spellare le mani al pubblico. Sono la giovane Moira Orfei Jr., nipote della Regina del circo italiano (è figlia di Lara, acrobata e cavallerizza, che è stata «Clown d’argento» al Festival di Montecarlo, e che è figlia di Moira), e suo padre Micha Malachikine, che è russo, e proviene dalla grande scuola del Circo di Stato di Mosca. Ma ci sono anche una provocante (e applauditissima) danzatrice del ventre, Giulia Renier, che si esibisce in un lungo assolo, l’asta pubblica indetta dal mercante Zanzorzi Zancopè che tenta (inutilmente) di vendere le sue schiave, con la recita di poesie di Saffo di Giulia Andreani, e gli esperimenti di «onfalomanzia» del Gran Khan e della Gran Khagna che riescono a indovinare il futuro attraverso la lettura dell’ombelico. Questo mentre cortigiane, badesse, ciarlatani, venditrici, nobiluomini e autorità, si aggirano a tentar di raggirare, con espedienti di vario tipo, gli spettatori.

Il terzo tempo, l’epilogo a sorpresa della momarìa, ha luogo alla fine degli spettacoli, all’esterno dei teatri. Gli spettatori che stanno uscendo incrociano, agitati, i vari personaggi che annunciano gridando: «È arrivata, è arrivata! La sorella di Marco è arrivata! Venite, venite a vedere la sorella di Marco Polo! Dai e dai, è tornata adesso dal Catai!».

Ed eccola, finalmente, dopo tanta attesa, la misteriosa sorella segreta di Marco di cui si è tanto parlato e favoleggiato! È bellissima! (Oddio...) Scarmigliata, agitata, con una gran pettinatura e i capelli raccolti in due altissimi bitorzoli dritti sulla testa che sembrano due corna, un velo vezzoso calato sul volto, un abito verde marcio acqua-di-laguna con disegnate centinaia di pantegane e due zatteroni altissimi ai piedi che ne rendono precario l’equilibrio (look curato appositamente dallo stilista di Grace Jones, Pier Voltolina, che ha curato personalmente in questa occasione i costumi della Compagnia), la sorella di Marco si profonde in un lungo e terrificante sproloquio sulla sua vita scellerata, non disdegnando di sollevare di tanto in tanto la gonna per esibire, vanitosa e maliziosa, il suo frutto più desiderato e proibito, tinto di un rosso acceso.

È solo a questo punto che il mistero si svela, e che la sorella di Marco osa pronunciare per la prima volta il suo vero nome fin qui taciuto: Marchetta Polo! E che spiega, a suo modo, e ogni sera è un modo diverso, perché il Padre Priore dell’antico monastero di «Culàn Bator» («uno schifoso nano erotomane» secondo la sua definizione), l’aveva battezzata come «la donna che inventò l’amore a tempo» (Marchetta, appunto) e «la maglietta dei gondolieri» (Polo Veneziana), com’era citata nell’atto che ne vidimava la domanda d’accoglienza al convento dove aveva chiesto e ottenuto ricovero al fine di espiare le colpe della sua vita scellerata per colpa del fratello. Solo ora la donna che inventò la marchetta per pagare i lunghi e costosi viaggi in Oriente del fratello Marco e i molti piaceri dei suoi numerosi soggiorni, trova l’ardire di rivelare l’atroce segreto fin qui taciuto, e di andare a cercare i fondi per il proprio sostentamento, prima che i fratelli indignati la portino via di forza, nei portafogli degli spettatori rimasti ammaliati dal suo fascino senza tempo.

«Marco Polo e sua sorella: una birichina e imprevedibile sortita degli Antichi nei teatri seri dove si svolge il programma della Biennale» ha titolato «La Nuova Venezia» del 17.1.2006. «Colta e popolare, trasgressiva e irriverente, la Calza ama le rievocazioni di feste, spettacoli e le innovazioni deliranti» ha scritto Federica Repetto su «Il Gazzettino» del 5.2.2006, titolando: «Compagnia I Antichi: dal Milione di Polo alla trasgressione».

2006 - Un Milione di letture

È il titolo dell’altro spettacolo messo in scena dalla Compagnia de Calza per la rassegna «Il drago e il leone» della Biennale Teatro. Una sorta di «karaoke» dell’opera più celebre del grande viaggiatore veneziano, nato da un’idea del regista Maurizio Scaparro, e andato in scena per otto giorni, tutti i pomeriggi, ogni volta in un campo diverso di Venezia.

Si è trattato della «prima lettura pubblica e integrale in epoca moderna» delle pagine del Milione, dalla prima all’ultima, secondo la versione più aggiornata in italiano contemporaneo, basata su quella trecentesca considerata la migliore e più attendibile dalla maggioranza degli storici. A leggere i passi, trenta pagine al giorno per otto giorni, un’ora al giorno, della famosa opera del più celebre dei viaggiatori, sono stati chiamati sia i veneziani che i «foresti» di passaggio, maschere giunte in città per il Carnevale, ma anche ospiti a sorpresa, che con i loro volti e le loro voci hanno composto un mosaico narrativo popolare, destinato a diventare un originale cd: tutto il Milione recitato a più voci. Tutte le letture, generosamente «innaffiate» dal «Vin dei Poeti» delle Distillerie Bottega distribuito dai Compagni de Calza, sono state infatti registrate. La Biennale ha calcolato che circa 1.600 persone abbiano assistito complessivamente alle letture del Milione nei campi di Venezia, cui hanno dato vita decine di voci di moltissime città italiane e anche di parecchi paesi stranieri che si sono cimentate nella lettura in italiano, dalla Spagna alla Francia, dall’Olanda alla Germania, dall’Ungheria alla Russia, dalla Polonia all’Africa. Un Milione davvero internazionale. Le letture, che si sono svolte dal 21 al 28 febbraio con ogni tempo, col sole e la pioggia, e persino con un gelido vento di bora, sono state tutte introdotte dal Priore della Calza Roberto Bianchin «armato» di un grande drago di gomma, di un leone di pelouche e di un ritratto del Maestro Scaparro, e dal Procurator Grando Luca Colferai che ostentava fieramente una preziosa edizione antica del Milione rilegata in pelle umana. Per due volte sono andate in scena in campo San Fantin, e una volta ciascuno in campiello del Milion, in campo San Bortolo, campo San Maurizio, campo Manin, Piazzetta San Marco, Teatro Goldoni. La performance è andata in onda su Rai Sat Premium, in uno speciale dedicato al festival della Biennale.

«Il Milione scende in campo con gli Antichi» ha titolato «La Nuova Venezia» del 23.2.2006. «In un clima assolutamente carnevalesco pubblico e lettori, grazie a questa iniziativa, riscoprono quelle curiosità e storie sui popoli asiatici che, grazie ai racconti di Polo e Rustichello, scatenarono per secoli le fantasie degli europei -ha scritto Sebastiano Giorgi– un evento molto gradito che oltre a divertire i passanti attira sempre anche un piccolo gruppo di appassionati che si mettono in coda per salire sul palco e dare il loro contributo alla lettura».

2006 - Ripopoliamo Venezia

Ma non solo Biennale, e non solo Marco Polo. Presa da un frenetico quanto irragionevole e per di più perniciosissimo attivismo, probabilmente derivante dall’entusiasmo per la ricorrenza del venticinquennale, la Compagnia de Calza si ingegna e si impegna, sempre in occasione del Carnevale di Venezia, in una serie variopinta e composita di altre attività e iniziative. La prima, e più curiosa, perché di sapore civico anziché prettamente spettacolare (anche se non nuova è la coscienza civile della Calza, che la spinge spesso a intervenire a suo modo sui problemi cittadini più acuti), è del 17 gennaio, quando gli Antichi, «rimasti a bocca aperta di fronte all’ultimo dato demografico -nel 2005 il Comune ha perso altri 1.471 abitanti– si sono subito rianimati alla loro maniera, che è poi quella di vedere le cose da un lato non frequentatissimo, quello pragmatico-godereccio», come scrive la penna vezzosa di Manuela Pivato (una delle croniste predilette dal Procurator Grando) su «La Nuova Venezia» del 21.1.2006, in un soave articolo dal titolo: «I Antichi, editto ai veneziani: città spopolata, fate l’amore».

L’editto degli Antichi, intitolato «Ripopoliamo Venezia», infatti così recita: «Veneziani, considerata la gravissima condizione demografica dell’inclita nostra Città di Venezia, atterriti dallo spettro di una prossima estinzione della nostra Antichissima Stirpe e con essa della bimillenaria nostra Cultura, invitiamo tutti i veneziani e tutti i foresti in età fertile e anche no, a qualunque titolo presenti nel territorio della Serenissima, qualsiasi sia la loro inclinazione, origine, ceto, credo, età e condizione, a ripopolare Venezia con ogni mezzo piacevolmente fornito dalla Natura, e ove questa sia manchevole, con ogni mezzo concesso dalla Scienza, dalla Legge e dalla Società». «Imploriamo il Sindaco e le Autorità cittadine -prosegue l’editto– affinchè si prodighino ad emanare per i prossimi festeggiamenti del Carnevale un’ordinanza tesa a scongiurare la terribile piaga dell’Autoerotismo e a sorvegliare con apposite ronde all’uopo istituite che il Divieto venga osservato scrupolosamente in tutta la Città e nelle Isole della Laguna». «I Antichi annunciano -conclude il proclama diffuso alla cittadinanza– che per tutto il Carneval de Venetia MMVI si prodigheranno strenuamente nel creare il maggior numero possibile di occasioni di stimolo e pungolo all’immane fatica dell’Erotismo in Compagnia al fine di risollevare le declinanti sorti delle Future Generazioni».

2006 - Priapeide

Detto fatto, gli Antichi, accanto agli spettacoli prodotti per la Biennale Teatro, organizzano durante il Carnevale di Venezia, come di consueto in forma del tutto autonoma, una serie di altre iniziative tutte dedicate all’erotismo, che da sempre è uno dei cavalli di battaglia della Compagnia.

La prima di queste iniziative, di taglio eminentemente culturale, è la mostra d’arte erotica «Priapeide», che si tiene, con un buon successo di critica e di pubblico, dal 17 al 28 febbraio nella storica sede degli Antichi in campo San Maurizio. Si tratta di una rassegna, curata dal noto erotologo Enzo Rossi Ròiss in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Baltica e l’agenzia «Uksus» di Riga, e allestita da Jurubeba Bomfim e Alessandra Cesana, che mette in mostra le opere erotiche di 17 artisti dell’est e dell’ovest: Agathe Apkalne, Enrico Baj, Igors Nernats, Giuseppe Bosich, Jana Brike, Dyoma, Helena Heinrihsone, Agita Keiri, Toms Izaaks, Ilze Jaunberga, Ieva Lapina, Andrei Mayevski, Mario Schifano, Greta Schodl, Laura Stepane, Karlis Vitols, Aigars Zemitis.

Tra questi, Jaunberga presenta all’interno di una struttura formale fallomorfa, una mise-en-scene elegante e ironica, con una carica simbolica pesante e dotata per agire in una vasta area metaforica, suscitando ammirazione e stimolando l’immaginario erotico, sia maschile che femminile, protagonista una mannequin portatrice disinvolta di una superba protesi priapica vulvofuoriuscente, in elegante scarpa iperdimensionata. Dyoma invece s’inventa un bruco con testa gloandomorfa che allegramente eiacula tra fiori vulviformi, mentre Brike raffigura Eva Yn e Adamo Yang avviati a soddisfare il desiderio amoroso maxiconizzato da un fallo iperdimensionato, e Apkalne immagina uno stravagante orto della fertilità dove maturano e appassiscono falli di ogni dimensione. Gioca sull’immagine del fiore anche lo scultore lettone Zemitis, mentre Schifano riproduce l’eros televisivo per telespettatori solitari, Baj crea un ironico falloshow per ammucchiate patafisiche, e Bosich si affida all’immaginifico di amplessi pantagruelici.

«Gli artisti sono uomini e donne con le stesse passioni, illusioni, desideri e sogni che procurano felicità anche a chi artista non è -spiega il curatore della mostra Enzo Rossi Ròiss– però agli artisti è consentita la rappresentazione o raffigurazione della infinita varietà dei piaceri sessuali, in forma di immagini o parole. Come diceva Henry Miller, i modi e i sistemi per raccontare e raffigurare l’eros non si contano, ma possono essere incredibilmente ingegnosi e provocatori. La cosa più importante è che l’artista sia un vero artista. Come un buon romanzo pornografico dipende dall’abilità di scrittura dell’autore, così è per una pittura o una scultura. Anche in opere d’arte oscene si cerca il tocco del maestro».

2006 - Gran Balo de L’amor Serenissimo

È la manifestazione di apertura del Carnevale di Venezia 2006 degli Antichi, che si tiene sabato 18 febbraio in campo San Maurizio, e che riprende, adattandolo ai tempi, uno degli eventi storici che tradizionalmente appartengono al bagaglio della Compagnia.

Preceduto da un allegro e scombinato corteo che conduce gli Antichi dalla loro «tana» di San Maurizio sino a piazza San Marco, sotto l’implacabile guida del Procurator Grando Colo de Fero, cui spetta l’allocuzione inaugurale in San Marco, e fra il tambureggiare del tamburino ufficiale della Compagnia Lucas Christ, il Gran balo de l’amor serenissimo viene dedicato all’amore carnale e spirituale e vuol essere anche un omaggio al fondatore degli Antichi Paolo Emanuele Zancopè nel venticinquennale della Compagnia.

Il gran ballo popolare in campo, scaramantico e apotropaico, e anche un po’ palingenetico, viene preceduto da un concerto di musica elettronica creata e suonata dal vivo dall’artista veneziano Massimiliano Longo, e da un recital della raffinata e sensuale cantante brasiliana Luma, già più volte negli anni passati sul palco degli Antichi. «Una festa che unisce antico e moderno, Venezia e Brasile, amore e poesia, musica e divertimento -l’ha definita il Procurator Grando– e che si è poi trasformata in un gran ballo collettivo come nella migliore e più consolidata tradizione degli Antichi».

Enzo Rossi Ròiss

2006 - Carmina Vulvae

È un recital a tre voci e in tre lingue quello del poeta Enzo Rossi Ròiss, che ha curato anche la mostra erotica «Priapeide», e che va in scena il 19 febbraio a San Maurizio con la complicità di Luca Colo de Fero Colferai, Maurice Agosti e Lucas Christ.

Il recital trae origine dal libro omonimo che l’autore spiega di aver scritto dopo un altro libro, «MagniFicaMente», «per liberarmi della fica/vulva divenuta pensiero fisso, desiderio costante, ostinata allucinazione, delirio dissennato e febbrile, schermo bianco su cui proiettare sogni erotici estremi, metodica frequentazione, sapore speziato, aroma dopante e arrapante, petit mort perseguita, abituale (piacevole) e familiare ricovero (grotta e palazzo).

«Mi si può considerare poeta e scrittore della fica/vulva –dice Ròiss– l’ho molto amata e tanto goduta, l’ho indagata per cantarla a futura memoria...decantata. Non è riuscita a fagocitarmi mai però, neanche portata dalla più eccezionale e ingannevole delle ficofore disposta a copulare (opportunisticamente o desiderante!) con me in ogni luogo e a ogni ora. Simile a testa d’agnello che cerca pastura, l’ho satollata satollandomi: particolarmente quando mi si è rivelata portentosa e imponente tra cosce analoghe a colonne d’avorio, considerandola compagna ideale per i miei giochi amorosi».

2006 - Le favolose Tavole Sinottiche

Uscito nel 2004 in edizione numerata e «tirata a mano» per soli amatori, andato subito esaurito e richiestissimo da plotoni di erotomani sparsi per tutto il globo terracqueo, il formidabile libro bifronte, o double face se preferite che fa più elegante, denominato «Le Tavole Sinottiche del Casso» e «Le Tavole Sinottiche de la Mona», vede finalmente e nuovamente la luce in una nuova e sfavillante edizione.

Il libro, edito da «I Antichi Editori», il braccio editoriale armato della Compagnia de Calza, e finalmente in vendita al modico prezzo di euro 19 nelle migliori librerie oltre che sul sito www.iantichieditori.it viene presentato festevolmente in campo San Maurizio il 25 febbraio, in collaborazione con l’Accademia degli Acquavitai, dagli stessi autori che, di fronte a un pubblico entusiasta, non esitano a leggerne alcune delle pagine migliori, prima di andare a rendere omaggio alla lapide dedicata dagli Antichi a Giorgio Baffo e affissa sulla facciata di Palazzo Bellavite, nello stesso campo, dove abitò il grande poeta.

Il libro dedicato alle tavole sinottiche, cavallo di battaglia di innumerevoli feste e spettacoli degli Antichi, nasce dal genio mitopoietico del Procurator Grando Luca Colo de Fero Colferai e del Gran Priore e Direttore Artistico Roberto Bob R. White Bianchin. Si tratta di un volume bicipite palindromo bustrofedico che si legge da una parte e dall’altra, in cui lettori e lettrici di qualunque età, ceto, razza, religione e condizione sociale, possono apprendere i segreti più riposti dell’arcana scienza gnoseologica le cui origini risalgono al saggio Centauro Chirone. Trenta più trenta organi sessuali tra i più meravigliosi, spaventevoli e incredibili, uno o due al giorno secondo posologia, per allietare il cuore e lo spirito, superbamente raccontati e magistralmente illustrati dall’eccellentissimo pittore ed erotomane Massimo Zuppelli, titolare della libera cattedra di nudo all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Un’opera imperdibile, che non può mancare nella biblioteca degli appassionati dell’eros.

2006 - Quattordici anni di poesia erotica

Se la Calza compie venticinque anni, il Festival Internazionale di Poesia Erotica «Baffo-Zancopè», ideato per celebrare il sommo poeta erotico del ’700 veneziano Zorzi Alvise Baffo e il fondatore degli Antichi Paolo Emanuele Zancopè, che vissero e operarono entrambi a San Maurizio, quest’anno ne compie 14. È un Festival ormai consolidato, cui arrivano poeti da ogni parte d’Italia, e che ogni anno riscuote un immutato successo.

La quattordicesima edizione, che va in scena sul palco di San Maurizio sabato 25 febbraio, in collaborazione con le Distillerie Bottega che come sempre «innaffiano» di grappa Alexander i numerosi spettatori, vede alternarsi una ventina di poeti, brillantemente introdotti come di consueto dal procurator Grando Colo de Fero, con la complicità della Cortigiana Donna Lucrezia (Sandra Vigarani) con i suoi ormai celebri «spot erotici», e la partecipazione straordinaria del sopranista Andrea Vitali, già direttore artistico delle Feste medievali di Brisighella.

Alcuni attimi di smarrimento all’inizio quando il Festival non si apre, come di consueto, con la «resurrezione» dello spiritaccio di Zorzi Alvise Baffo. Baffo quest’anno non c’è. La sua sedia, dove è solito riposare le stanchissime membra, è vuota. «E Baffo? Dov’è Baffo?» grida qualcuno dal pubblico. Il Procurator Grando allarga sconsolato le braccia, il Festival comincia lo stesso. È dopo una mezz’ora che si sente gridare dal fondo del campo. È una voce fonda e cavernosa. Da vecchio. Grida insulti irriferibili. Del tipo: «Imbecilli! Deficienti! Ma dove me gavè mandà?». Ma sì, ma è lui, è Baffo! Eccolo finalmente. Sale a fatica sul palco, tra gli applausi. È furibondo. Racconta che, avendolo resuscitato come ogni anno, e non sapendo come passare la giornata in attesa del Festival, quei «rompicogioni» degli Antichi gli avevano suggerito di andare a teatro, al Malibran, a «vedere le ballerine», certi che, conoscendolo, gli sarebbero piaciute. Invece il poeta ha avuto una brutta, bruttissima, sorpresa. Perché, racconta, «le balerine gera omeni», e la prima danzatrice «un colonelo de l’esercito cinese co do cogioni cussì!». Comunque, superato l’incidente, il Baffo dà sfogo alla sua annuale, e ormai nota, ma sempre applauditissima, esternazione, prima di eclissarsi nuovamente annunciando tronfio: «E ’desso vado al Goldoni!».

Quanto al Festival vero e proprio, Sebastiano Giorgi su «La Nuova Venezia» del 27.2.2006, lo racconta così: «Tanti anni d’insegnamento nella scuola fondata dai Padri Cavanis, premiati con la vittoria al Festival di poesia erotica. Dante Alighieri, al secolo Luciano Zolfanelli, insegnante in pensione della scuola religiosa veneziana, ha letteralmente entusiasmato la giuria e il pubblico che incurante del gelido «sborìn» non ha voluto perdere la quattordicesima edizione della licenziosa disfida. Zolfanelli ha sbaragliato gli sfidanti con «Comoedia Divina», quasi un integrale «canto espunto» in terzine endecasillabiche di tema sodomita, di cui sono state particolarmente apprezzate la maestria nel calco ironico dell’immortale padre della lingua italiana». Dietro a Zolfanelli, la piazza d’onore a pari merito è andata a Gino Ghost, accompagnato da chitarrina, per «Sexishoppy e Profumi, ovvero l’amore è cieco», una sarabanda altamente immorale sul complesso d’Edipo, e a Antonio De Biasio per «Doposena», un madrigale erotico-gastronomico. Terza piazza per Antonio Fabi di Urbino che ha declamato «La passera, omaggio a Giuseppe Giusti», mentre il premio speciale «Mario Stefani», alla memoria del grande poeta veneziano scomparso, è andato all’erotologo e patafisico Enzo Rossi Ròiss.

2006 - Gli Antichi al Ballo del Doge

Non era mai successo nella storia della Calza, o almeno non ricordiamo che sia mai successo, che gli Antichi si facessero in tre nella stessa sera. Invece è esattamente quanto è accaduto, per una maledetta concatenazione di eventi, l’ultimo sabato di Carnevale, il 25 febbraio, quando il grosso della Compagnia guidato dal Priore Bob R. White si esibiva al teatro Malibran con «La sorella segreta di Marco Polo», mentre la parte restante al comando del Procurator Grando Colo de Fero metteva in scena a San Maurizio il consueto Festival di Poesia Erotica, e successivamente le forze residue della Calza si riunivano, agli ordini del Priore dei Giovani Antichi Zanzorzi Zancopè per partecipare al «Ballo del Doge» a palazzo Pisani Moretta. «Mai più» ha commentato affranto ed esausto il Gran Priore, che peraltro ha pubblicamente lodato tutti gli Antichi che sono andati in scena con successo in tutti e tre gli appuntamenti, «per l’abnegazione, lo sforzo, il coraggio e lo straordinario attaccamento ai colori sociali della Compagnia, uscita ancora una volta vittoriosa da un insieme di prove terribili. È stato uno dei Carnevali più intensi, più prestigiosi, e di maggior successo!».

Pur non amando particolarmente le feste di palazzo, in quanto da sempre preferisce la strada, i campi e le piazze, e il contatto con la gente, la Calza ha deciso quest’anno di partecipare alla più prestigiosa festa di palazzo del Carnevale di Venezia, «Il Ballo del Doge» splendidamente organizzato da Antonia Sautter, per due motivi: perché la festa, intitolata «Meraviglie d’Oriente», è stata dedicata alla Cina e si è gemellata al festival teatrale della Biennale di cui la Calza è stata fra i protagonisti, e perché alla guida della serata c’erano due grandi amici degli Antichi, come il regista Antonio Giarola e l’attore Maurice Agosti, insieme ai quali sono stati costruiti molti spettacoli rimasti indimenticabili.

2006 - Il Minuetto di Casanova

La fatal parabola di un Casanova ormai anziano e quasi in disarmo, che per guadagnarsi da vivere è costretto ad impartire a pagamento lezioni di ballo a frotte di riottose giovinette e nobildonne nelle principali Corti d’Europa, è il tema dello spettacolo «Il Minuetto di Casanova» che gli Antichi portano il 22 aprile alla «Kadewe» di Berlino, dove tornano per il quinto anno consecutivo. La Compagnia de Calza, che arriva in Germania per la nona volta nella sua storia, tra Monaco e Berlino, per iniziativa dell’indomabile artista-fotografo-impresario Gregor Schmid, è infatti ancora una volta la protagonista della «Venetianische Nacht» che si svolge nel più importante centro commerciale della capitale tedesca, con una cena di gala per 1.500 invitati, spettacoli d’epoca, animazioni, giochi, balletti, musiche e canzoni.

Sotto l’abile guida del Gran Priore Bob R. White, affiancato dalle sorprendenti profezie dell’«Onfalomante» della Calza (Michele Busetto) e assistito dall’avvenente Odalisca Mobu (Rita P. Trou), si esibiscono il Maestro Marino Sartori al pianoforte, la cantante lirica Giulia Renier, e il trio d’archi settecentesco delle «Serenissime Dame», composto da Germana Pinarello al violino, Marta Traversi alla viola e Giulia D’Elia al violoncello. Maestro di minuetto, Marney Taylor. Regia di Roberto Bianchin.

2006 - Il Segreto dell’Onfalomante

È un altro prestigioso riconoscimento artistico e culturale per la Compagnia de Calza «I Antichi», chiamata a partecipare nel giugno del 2006, accanto ad artisti del calibro di Antonio Albanese e la Fura dels Baus, alla prima edizione del «Festival europeo del teatro di scena e urbano» organizzato a Mantova dalla Fondazione «Mantova Capitale Europea dello Spettacolo», sotto la direzione di Fabio Zanchi.

Per tre sere, sabato 24 giugno in piazza delle Erbe, domenica 25 in piazza Mantegna, e lunedì 26 nei giardini di Palazzo Ducale a Mantova, gli Antichi hanno presentato con successo una loro nuova produzione, creata appositamente per il festival mantovano, intitolata «Il segreto dell’Onfalomante». Si tratta di un’elaborazione a tutto campo di quello che è stato per molti anni un «numero» tradizionale negli spettacoli degli Antichi, ovvero la lettura dell’ombelico, inventata nella preistoria della Calza da Mauritius Bastianetto e ripresa e aggiornata in tempi moderni da Michele «Von Bohrug» Busetto. Ora il «numero» di un tempo è diventato una storia e uno spettacolo completo, con dovizia di citazioni colte, di annotazioni storiche intorno alla genesi, alla natura e alle caratteristiche dell’ombelico, nonché ai testi che importanti scrittori di vari paesi hanno dedicato a questo meraviglioso orifizio che è all’origine di tutto perché lì tutto è cominciato e lì tutto si può leggere: passato, presente e futuro.

Strutturato intorno all’antica forma della «momarìa burlesca», lo spettacolo racconta, in un gioco continuo di animazione con il pubblico, le straordinarie capacità di un bizzarro personaggio incontrato da Giacomo Casanova in uno dei suoi viaggi: un singolare individuo capace di predire il futuro attraverso la lettura dell’ombelico, avvalendosi dei segreti dell’arte antichissima dell’onfalomanzia. Lo accompagna una variopinta corte settecentesca di casanova e cortigiane, ciarlatani e imbonitori, schiave e danzatrici.

A condurre lo spettacolo ideato e diretto da Roberto Bianchin e Luca Colferai, con deliranti ed estenuanti affabulazioni sul filo del paradosso scientifico e letterario, i due ineffabili Gemellini Casanova (Bob R. White e Colo de Fero) supportati da un musico pazzo (Lucas Christ), un riflessivo assistente all’onfalomanzia (Michele Busetto), un’avvenente danzatrice del ventre (Giulia Renier), un’affascinante pittrice (Giulia Andreani), un’ispirata attrice (Virginia Cianchini), una prorompente cortigiana (Rita P. Trou) e una dominante Sultana (Jurubeba Bomfim). Al culmine dello spettacolo, l’esperimento di lettura dell’ombelico, tentato ogni sera, con esiti alterni, su un inconsapevole spettatore legato per la bisogna, ed eseguito personalmente dal Gran Priore della Calza munito di spaventevoli attrezzi come martelli, cacciaviti, pinze, bisturi, binocoli, lenti, pompette, clisteri, divaricatori e seghe di vario tipo.

“La rassegna ha scoperto anche la lettura dell’ombelico» ha titolato La Gazzetta di Mantova del 26.6.2006. «Gli Antichi hanno proposto l’applauditissimo segreto dell’onfalomante» ha scritto La Voce di Mantova del 26.6.2006. «Le sardoniche profezie della Compagnia de Calza» ha titolato La Repubblica del 23.6.2006. E ancora La Voce di Mantova ha titolato il 25.6.2006: «Toh, una corte veneziana in piazza Erbe». «Un bizzarro indovino ha catalizzato l’attenzione -ha scritto il quotidiano mantovano– cedendo a più riprese la scena a spettatori ignari di ciò cui andavano incontro ma decisamente divertiti e propensi a lasciarsi trascinare e coinvolgere».

2006 - El Baffo de Mozart

Non poteva essere più prestigioso il venticinquesimo anno di attività degli Antichi. Dopo essere andati in scena alla Biennale, a febbraio, in luglio vanno in scena alla Fenice, festeggiando nel migliore dei modi, sul palco delle due più importanti istituzioni culturali della città di Venezia, il primo quarto di secolo di attività.

Venerdì 21 luglio, nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice, gremitissime, va infatti in scena, per iniziativa dello stesso teatro, da un’idea di Cristiano Chiarot, in collaborazione con gli Amici della Musica e con il Comune di Venezia, lo spettacolo «El Baffo de Mozart», ovvero «come diventare un vero veneziano in un mese». Tratto dal libro «Mozart, un mese a Venezia» dello studioso Paolo Cattelan, che ne ha curato la regia insieme a Susanna Armani, lo spettacolo, con musiche di Mozart, Vivaldi, Tartini e Anonimi veneziani del XVIII° secolo eseguite dal vivo, racconta una serie di aneddoti, alcuni inediti, sul soggiorno di Wolfgang Amadeus Mozart a Venezia.

Tra questi, spicca l’incontro avvenuto a Venezia tra Mozart e la moglie del grandissimo poeta erotico del ’700 veneziano Zorzi Alvise Baffo, la nobildonna Cecilia Sagredo «peritissima nel clavicembalo». L’incontro risale al febbraio-marzo del 1771, tre anni dopo la morte del poeta, ed è testimoniato dal taccuino di viaggio dell’allora quindicenne compositore. Di Baffo si sa che aveva dimestichezza con le note. Infatti in un suo sonetto dedicato alle tre cose che ama di più, egli scrive, parafrasando Platone, che la prima è la poesia licenziosa (che lui chiama «baròna»), la seconda è proprio la musica, e la terza, beh, la lasciamo all’immaginazione del lettore...

La musica regnava sovrana a casa Baffo, palazzo Bellavite, in campo San Maurizio. Qui Cecilia suonava il clavicembalo mentre Baffo componeva i suoi sonetti lussuriosi. E proprio la musica fu oggetto di alterchi vivaci tra i coniugi Baffo. Il poeta, che peraltro parla in termini entusiastici della moglie nel suo testamento, definendola «donna meravigliosa che con tanto amore e per tanto tempo mi accudì», accusava Cecilia di preferire la musica alle sue poesie, e di averlo costretto a bruciare tutti i suoi componimenti nel corso di una malattia che lo colpì alcuni anni prima della morte. Baffo poi ebbe a pentirsi del suo gesto e non perdonò mai alla moglie. Cecilia, dal canto suo, rimproverava il poeta per la licenziosità dei suoi versi. Vergognandosi per causa sua, era costretta a girare per la città col volto travisato per non venir riconosciuta e dileggiata. E proprio per quei versi maledetti del marito si era ridotta a interrompere la sua brillante carriera di musicista (come clavicembalista si esibiva solo in casa di amici intimi e non riceveva mai a casa sua), e a recarsi a cantare i salmi nei cori delle chiese nel tentativo di salvare l’anima al suo consorte.

L’incontro, dopo molti anni, tra un vendicativo Zorzi Alvise Baffo (Roberto Bianchin, anche nella parte di Leopold Mozart) e l’inacidita sua moglie Cecilia Sagredo (Maurice Agosti), ma soprattutto lo scontro fra i due, con rissa, fuga e botte che mettono a soqquadro le sale Apollinee, diventa così il momento più alto e più lirico dello spettacolo. A dargli vita, per la Calza, un meraviglioso Luca Colferai che si divide in tre personaggi addirittura (Il banditore, Gian Maria Ortes, la prima maschera), una sorprendente Cleonice Silvestri che rivela finora sconosciute attitudini attoriali nel tratteggiare l’insolente personaggio di Penelope Mozart, un efficacissimo Lucas Christ nell’interpretazione del giovane Wolfgang Amadeus Mozart, nuovamente un Maurice Agosti insuperabile nel ritratto del Pievàn e dell’altra maschera, una stralunata Virginia Cianchini nei panni dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, un convincente Zanzorzi Zancopè nelle vesti del conte Falletti, una seducente poetessa sotto le spoglie di Giulia Andreani, un algido Doge rappresentato da Aldo Colferai, un elegante damerino del ’700 impersonificato da Michele Busetto, un nerboruto compagno de calza per l’occasione barcarolo, interpretato da Carlo R. Bullo.

Con la narrazione di Guido Barbieri, e le immagini di Guido Gardenal, le attrici Michela Degano e Linda Bobbo nella parte delle sorelle Wider, la soprano Susanna Armani e i musicisti Federico Guglielmo, Carlo Lazari, Massimiliano Simonetto, Fiorenza Barutti, Carlo Teodoro, Piero Gianolli, Davide Teodoro, Gianluca Zoccattelli, Giovanni Franco.

«La tentatrice di Mozart: alla Fenice la conoscenza tra Amadè e la moglie di Baffo» titola a tutta pagina La Nuova Venezia del 19.7.2006. E Riccardo Petito, sul Gazzettino del 23.7.2006, parla di «un colorato allestimento di teatro musicale» nel ricordo, tra Mozart e Baffo, di «un’atmosfera libertina». «Molte scene divertenti –scrive– e davvero bravi gli interpreti».

2006 - La Disfida dei Carlo

Per la seconda volta in pochi mesi, la Compagnia de Calza «I Antichi» torna alla Biennale Teatro, espressamente voluta dal suo Direttore Maurizio Scaparro. Dopo aver rappresentato a Carnevale «La sorella segreta di Marco Polo» e «Un Milione di letture» alla rassegna «Il Drago e il Leone», quest’estate presenta «La disfida dei Carlo, ovvero le Primarie fra Gozzi e Goldoni» al festival «Gozzi e Goldoni europei».

Per tre giorni, il 23, 24 e 25 luglio, la Calza va in scena in prima assoluta in campo San Maurizio con questa nuova creazione allestita appositamente per la Biennale, e ideata e diretta da Roberto Bianchin e Luca Colferai. Inoltre, negli altri giorni del festival, dal 21 al 30 luglio, si rende protagonista di alcune incursioni nei teatri della città dove si svolgono gli spettacoli, dal Piccolo Arsenale a campo Santa Maria Formosa, dal Goldoni all’Avogaria, per propagandare la propria iniziativa e far votare gli spettatori, con urne volanti, nel referendum tra i due grandi commediografi del Settecento veneziano.

«La storica associazione veneziana della Compagnia de Calza I Antichi -si legge nel programma della Biennale– prosegue nel suo percorso di coinvolgimento di veneziani e foresti, avviato lo scorso febbraio con le letture pubbliche del Milione di Marco Polo». Lo spunto viene questa volta dal tema del festival estivo: «Gozzi e Goldoni europei». I due commediografi si sfidano a singolar tenzone e uno strumento tipico delle democrazie moderne, quello delle elezioni primarie, prova a dirimere la loro antica contesa. Con il proprio voto, veneziani e foresti, spettatori degli spettacoli della Biennale, vengono chiamati a decidere chi tra Goldoni e Gozzi rappresenta meglio, oggi in Europa, lo spirito del grande teatro del settecento veneziano. Nel tentativo di accaparrarsi il consenso popolare, i due contendenti si fronteggiano in una campagna elettorale accesa e polemica, con tanto di comizi nei campi di Venezia, secondo la moda dell’epoca.

A impersonare i due scrittori, due celebri studiosi che hanno dedicato al teatro tutta la loro vita professionale: il professor Paolo Bosisio nei panni di Gozzi, e il professor Paolo Puppa in quelli di Goldoni. Bosisio è professore ordinario di storia del teatro e dello spettacolo alla facoltà di lettere e filosofia dell’università degli studi di Milano e presidente del corso di laurea in scienze dei beni culturali. Puppa è professore ordinario di storia del teatro e dello spettacolo alla facoltà di lingue e letterature straniere dell’università degli studi di Venezia e direttore del dipartimento delle arti e dello spettacolo.

Seggi per le votazioni, che raccolgono oltre diecimila schede, vengono allestiti, oltre che in campo San Maurizio, in tutti i teatri e i luoghi di spettacolo della Biennale. A introdurre dal palco la disfida, con illuminati excursus storici e letterari, il sublime Procurator Grando degli Antichi Luca «Colo de Fero» Colferai, e a disturbarla, gli spiritacci di Giacomo Casanova (Maurice Agosti) e di Zorzi Alvise Baffo (Roberto Bianchin), con l’esilarante siparietto di un telegiornale d’epoca che aggiornava in tempo reale sui risultati della consultazione in corso, il «Tg Setesento» presentato da un nuovo irresistibile personaggio, il fascinoso Lillo Gruber interpretato dal genialissimo Maurice Agosti. Per l’occasione, il palco di San Maurizio era stato trasformato in un palco imbandierato da comizi d’epoca, mentre il campo ospitava da un lato il «Seggio delle Cortigiane» per le votazioni del pubblico, diretto con mano abile e seduttiva dalla mamma di tutte le cortigiane, Nice Cleonice Silvestri, e allietato dal «Vin dei Poeti» di Sandro Bottega delle omonime pregiate distillerie. Dall’altro lato, il campo era diventato invece una taverna settecentesca all’aperto, con antichi tavoli di legno e brocche colme di vino rosso, avventori e perdigiorno, odalische, bari e giocatori di carte, incalliti fumatori di narghilè, e misteriosi personaggi interpretati dai Compagni de Calza, tra i quali brillavano il turco contemplativo interpretato da un gigantesco Aldo Colferai, il burbero Zanzorzi Zancopè, il coriaceo Paolo Zennaro, il tenero Lucas Christ, le fascinose Giulia Andreani e Virginia Cianchini.

I risultati delle Primarie, in bilico fino all’ultimo, con una partenza lanciata di Gozzi ed un recupero finale di Goldoni, hanno tenuto banco per tutto il festival. Alla fine, Carlo Goldoni ha trionfato con il 52% dei voti, mentre Carlo Gozzi, che pure nei primi giorni era andato in vantaggio di 5 punti sul rivale, si è fermato al 44%. Dietro di loro, un 3% di voti attribuiti ad altri candidati spontanei che non hanno potuto essere ritenuti validi (tra cui Tinto Brass, Luciano Moggi, Pio Pompa, Vittorio Emanuele di Savoia, ma anche 15 voti per Baffo, 12 per Casanova e 7 per Lillo Gruber), e solo un 1% di schede bianche o nulle con epiteti e insulti vari.

Grande interesse, per le Primarie, su tutti i giornali e le televisioni del mondo. Migliore di tutti, il quotidiano «Il Messaggero», che per la penna sfiziosa di Rita Sala ha dedicato all’evento, il 25.7.2006, una pagina intera dal titolo: «Venezia, le baruffe primarie». «Singolare iniziativa in laguna –scrive Rita Sala– gli spettatori chiamati a votare per scegliere, tra Goldoni e Gozzi, il vero spirito del teatro italiano». Il quotidiano parla di «affluenza alle urne strepitosa» e di «un confronto estetico-ideologico che appassiona indigeni e stranieri, teatrofili e semplici osservatori». E Piero Zanotto, sul Gazzettino del 6.7.2006, parla di «una sorpresa tutta da assaporare». Mentre Sebastiano Giorgi sulla Nuova Venezia del 24.7.2006, definisce quella delle Primarie «Una pièce graffiante degli Antichi»: «Non rimane che andare a San Maurizio a gustarsi questo ironico spaccato della Venezia di una volta, senza dimenticare di lasciare il proprio voto”.

2006 - Festa di Addio al Cugino

Festa grande, in costume arabo (esibite anche dai Gemellini Casanova le jalabia cioè le grandi tuniche bianche provenienti dalla tournée in Sudan, nella foto in questa pagina) per l’addio al Cuginomichele, nel giardino del Priore alla Giudecca, l’8 di luglio. Amici e Compagni de Calza (memorabili la Nice in burka e Aldo in baffi a manubrio e mise da turcomanno) hanno festeggiato allegramente sino a notte fonda, tra innumerevoli brindisi e alcune inevitabili liriche «storiche», la partenza del Compagno de Calza Michele Busetto che per motivi legati al suo lavoro si trasferisce da Milano a Dubai. Ma, ha assicurato, quando la Calza chiamerà, lui tornerà. Michele Busetto è stato uno degli innesti più positivi e interessanti degli ultimi anni, e ha ricoperto vari ruoli, eccellendo nelle interpretazioni dell’onfalomante Professor Von Bohrug, del Gran Kan Kubilai, e di Cuginomicheledigei.

2006 - Disfida della castradina

Dopo la disfida dei Carlo, torna la tradizionale (per la Calza) disfida della castradina, il 21 novembre, giorno della Madonna della Salute, nella residenza di Sebastiano Giorgi in quel di San Vio. Nella tradizionale disfida per la preparazione di uno dei più tipici piatti della tradizione veneziana, si cimentano, come da consuetudine, alcune delle più versate compagne de calza, tra le quali eccellono in bravura Cleonice Silvestri, Mobu Busetto, Silvana Casellati, mentre l’onore maschile è tenuto alto dall’infaticabile Piero Segantin.

2006 - Storia de I Antichi

Questo libro che avete in mano e state sfogliando avidamente, e se siete arrivati a leggerlo fin qui meritate davvero un premio speciale (rivolgersi per questo al Gran Priore), viene presentato «in pompa magna» come si usa dire, giovedì 21 dicembre 2006 alle ore 18 nelle prestigiosissime Sale Apollinee del Gran Teatro La Fenice di Venezia. A fargli festa, oltre agli Antichi nei loro sfavillanti costumi di Calza, e ai veneziani e ai foresti intelligenti, sono stati chiamati, tra gli altri, il regista Maurizio Scaparro, il direttore marketing della Fenice Cristiano Chiarot, il medievista Andrea Vitali, l’art director e regista circense Antonio Giarola, la giornalista del Corriere della Sera Marisa Fumagalli.

La nostra storia, quella scritta sulla pagina intendiamo, e che racconta i nostri primi venticinque anni, per ora finisce qui. Tra un altro quarto di secolo, forse, ne scriveremo un’altra. Ma la storia degli Antichi, tra feste e spettacoli, continua. Segnatevi già i nostri prossimi, imperdibili appuntamenti:

Venerdì 9, sabato 10, domenica 11 febbraio 2007

Ankara, Hotel Sheraton

La fuga di Casanova

Sabato 17 febbraio 2007

Teatro La Fenice, Venezia

Gran Cavalchina

Martedì 20 febbraio 2007

Campo San Maurizio, Venezia

Festival di Poesia Erotica, XV edizione

Ciao. Baci rosa a tutti

© Riproduzione riservata

Dal 17 al 28 febbraio 2006

Campo San Maurizio

Priapeide

Sabato 18 febbraio 2006 (h.15)

Campo San Maurizio-Piazza San Marco

Gran Corteo degli Antichi

Sabato 18 febbraio 2006 (h.17)

Campo San Maurizio

Gran Balo de L’Amor Serenissimo

Domenica 19 febbraio 2006

Campo San Maurizio

Carmina Vulvae

Martedì 21 febbraio 2006 ,

Campiello del Milion

Un Milione di letture

Mercoledì 22 febbraio 2006

Campo San Bartolomeo

Un Milione di letture

Giovedì 23 febbraio 2006

Teatro Piccolo Arsenale

La sorella segreta di Marco Polo

Giovedì 23 e Venerdì 24 febbraio 2006

Campo San Fantin

Un Milione di letture

Venerdì 24 e Sabato 25 febbraio 2006

Teatro Malibran

La sorella segreta di Marco Polo

Sabato 25 febbraio 2006 ore 12

Campo San Maurizio

Le Tavole Sinottiche del Casso

Le Tavole Sinottiche de la Mona

Sabato 25 febbraio 2006

Campo San Maurizio

Un Milione di letture

Sabato 25 febbraio 2006 ore 21

Campo San Maurizio

Festival di Poesia Erotica

XIV Edizione

Sabato 25 febbraio 2006 ore24

Palazzo Pisani Moretta

Ballo del Doge

Domenica 26 febbraio 2006

Piazzetta San Marco

Un Milione di letture

Domenica 26 febbraio 2006

Teatro Piccolo Arsenale

La sorella segreta di Marco Polo

Lunedì 27 febbraio 2006

Campo Manin

Un Milione di letture

Lunedì 27 febbraio 2006

Teatro Goldoni

La sorella segreta di Marco Polo

Martedì 28 febbraio 2006

Teatro Goldoni

Un Milione di letture

Martedì 28 febbraio 2006

Gran Teatro La Fenice

La sorella segreta di Marco Polo

Sabato 22 aprile 2006

Berlino, Kadewe

Il Minuetto di Casanova

Sabato 24, domenica 25, lunedì 26 giugno 2006

Mantova,

Festival teatro di scena e di strada

Il Segreto dell’Onfalomante

21 luglio 2006

Venezia, Teatro La Fenice

El Baffo de Mozart

23,24,25 luglio 2006

Venezia, Campo San Maurizio

La Disfida dei Carlo

21 dicembre 2006

Venezia, Teatro La Fenice

Storia degli Antichi

9,10,11 febbraio 2007

Ankara, Hotel Sheraton

La fuga di Casanova

17 febbraio 2007

Venezia, Teatro La Fenice

Gran Cavalchina

20 febbraio 2007

Venezia, Campo San Maurizio

Festival di Poesia Erotica, XV edizione