Anno 1983

Venezia proibita, per dieci giorni, a chi non ha una maschera sul volto. È la “regola” imposta per il Carnevale del 1983 dalla Compagnia de Calza «I Antichi», che intitola appunto Mascarar, cioè mascherarsi, il proprio Carnevale, e distribuisce mille diplomi alle maschere più belle. La Compagnia torna in campo San Polo dove mette in scena il Gran Balo Serenissimo de l’Amor Venexian, il Gran Balo de l’Amor e de la Morte con Renè Clemencic, e El Ritorno dal Katai. Inoltre presenta alla chiesa di S. Stae una Asinaria Festa, organizza a Palazzo Grassi un convegno su Giorgio Baffo, festeggia a S. Lucia l’arrivo del treno di Marco Polo, assalta Chioggia per La beffa dei veneziani, e chiude il Carnevale con un brindisi su un brigantino ormeggiato alla Salute. In aprile la Calza si costituisce ufficialmente come «Comitato Promotore del Carnevale di Venezia», in giugno organizza la Festa di S.Pietro di Castello, in ottobre presenta un bizzarro Vocabolario segreto di terminologia medica, e nello stesso mese annuncia già il suo programma per il Carnevale dell’84.

1983 - Mascarar 1983

Il manifesto che compare sui muri della città raffigura un antico compagno di calza, tratto da un quadro del Carpaccio della fine del Quattrocento, che regge in una mano la maschera d’argento emblema della Compagnia. È l’invito a mascherarsi e a mascherare gli altri, per partecipare alla festa e viverla davvero, dall’interno, da protagonisti e non da spettatori.

Difatti gli Antichi annunciano che, in questo Carnevale dedicato al tema del mascheramento, «l’accesso alle feste e alle manifestazioni verrà consentito solo a coloro che si metteranno un’altra faccia al posto di quella di tutti i giorni». Nei manifesti comincia a comparire anche un’altra distinzione: quella tra il Carnevale «a» Venezia, e il Carnevale «di» Venezia. Una distinzione all’apparenza futile ma in realtà di un significato profondo. Carnevale «a» Venezia significa soltanto l’indicazione del luogo in cui si svolge un evento, mentre Carnevale «di» Venezia, o meglio «Carneval de Venetia», che è la dizione adottata dalla Calza, sta ad indicare la produzione autoctona, originale, che può essere solo di Venezia e di nessun’altra città. Testimonia che sono i veneziani e non altri i veri protagonisti del Carnevale, e che la festa nasce spontanea dalla città e dalla sua gente, dai sestieri, dai giovani, dalle famiglie, dalle donne e dagli anziani.

«Non certo per nostalgie fuori luogo – spiega il Priore Zancopè, che nel frattempo ha preso il nome di battaglia di Zane Cope – ma per un rigoroso recupero culturale e di dignità civile». Per questo, aggiunge, il Carnevale è fatto di aggregazioni spontanee di cittadini e di comunità, e anche per questo i manifesti e i bandi sono scritti tutti in lingua veneziana. «Un Carnevale della città, ma non una sagra e nemmeno un Carnevale turistico, di cui Venezia tra l’altro non ha bisogno, ma neanche un Carnevale contro i turisti. Semplicemente «El Carneval de Venetia» che coinvolge e appassiona la città e la sua gente, dove non sono graditi i guardoni con le macchine fotografiche al collo, ma sono graditi i turisti, nel segno della grande ospitalità tipica di Venezia, purché non vengano a guardare con gli occhi o con l’obiettivo, ma arrivino, con le maschere e i costumi, a fare anch’essi insieme ai veneziani i protagonisti della grande festa. Una festa corale, da fare assieme». Per questi motivi, spiegano gli Antichi, è stato scelto come tema dominante quello che a Venezia è più congeniale per storia e cultura: la maschera, che celebra la sua apoteosi per calli e campielli in un gioco dai mille significati chiamato Mascarar, cioè mascherare sé stessi e mascherare gli altri. Ma anche smascherarsi e smascherare.

Altre caratteristiche di quest’annata sono la ripresa dell’antica rivalità tra i sestieri cittadini, chiamati a tenzoni cavalleresche e sfide di abilità, e la scelta di decentrare le manifestazioni in varie zone della città, da San Polo a Santo Stefano, da San Maurizio a Santa Maria Formosa. «La Calza è infatti contraria all’utilizzo di Piazza San Marco – proclamano gli Antichi – sia per evitare che il Carnevale si identifichi erroneamente nella sola piazza, creando fra l’altro ingorghi e intasamenti, sia per fare in modo che la città intera viva il Carnevale in tutti i suoi sestieri, e che anche chi viene da fuori possa conoscere, oltre ai luoghi deputati come la piazza, anche altre zone della città che non sono certo meno belle o meno affascinanti. Anzi. Perché sono quelle dove pulsa il vero cuore di Venezia: quello della sua gente».

1983 - San Polo cuore di Venezia

«Campo San Polo cuore di Venezia» scrivono gli Antichi in una nota del 27.1.1983, pochi giorni prima dell’inizio del Carnevale che quest’anno va dal 5 al 15 febbraio. «Non è un caso – spiegano – se la Compagnia ha scelto questo luogo antichissimo, in assoluto uno dei più bei campi di Venezia, per installarvi il suo quartier generale e ambientarvi, ogni sera con scenografie, luci, costumi e musiche diverse, la maggior parte delle proprie manifestazioni. Perché San Polo è al centro della vita cittadina, e la Calza intende il Carnevale come momento di protagonismo per i cittadini veneziani, non per spirito provinciale che non ci appartiene, ma perché la festa nasca spontanea dalla città e dalla sua gente». San Polo, dicono gli Antichi, è anche al centro della storia e della tradizione del Carnevale: «Era a campo San Polo che la città dava le sue feste e i suoi spettacoli più fastosi durante il Carnevale, era a San Polo che venivano liberati i tori feroci, in una corale festa di popolo, nelle emozionanti tauromachie». Ma la scelta di San Polo nasconde anche un evidente richiamo al nome di uno dei più celebri veneziani della storia, e non è un caso che la Calza abbia scelto proprio questo luogo per celebrare il grande viaggiatore Marco Polo, al quale ha deciso di dedicare il gran finale del Carnevale, cambiando persino nome al campo, che per una sera è stato ribattezzato «Campo Marco Polo».

Per invogliare i veneziani a frequentarlo, il Gran Priore Zane Cope, in uno dei suoi momenti di maggiore creatività, aveva inventato una curiosa canzoncina di impianto popolaresco, che costringeva gli altri compagni di calza a intonare in coro durante le massacranti marce di trasferimento da un luogo di spettacolo a un altro. La bizzarra e irriverente tiritera, da intonare sull’aria di un antico stornello provenzale, faceva così: «E chi che no vien / in campo san polo / gà el culo roto / e anca el casso molo».

1983 - Gran Balo Serenissimo de l’Amor Venexian

È tutta dedicata al Settecento l’apertura del Carnevale della Calza in campo San Polo, sabato 5 febbraio 1983 «co’ fa scuro», cioè alle 18, con il Gran Balo Serenissimo de l’Amor Venexian. Un tripudio di damine, cicisbei, baute, parrucche, costumi dell’epoca e minuetti. Ma anche rondò, gavotte e furlane. Con quel richiamo all’«amor venexian» messo nel titolo, che stava a significare la profonda venezianità del Carnevale «che nasce spontaneo dalla gente e dai campi di Venezia» e l’amore degli abitanti «intenso e sereno» per la loro città. Un amore espresso dagli inni cantati, dall’alzabandiera del vessillo cittadino, e da mille piccole candele accese nel buio mentre risuonavano alate le note delle «glorie del nostro leon».

In campo San Polo è stato eretto per l’occasione un grande palco di ventiquattro metri, che è stato messo a disposizione delle maschere per incontrarsi, ballare, recitare, mostrarsi. Per partecipare era di rigore almeno il tricorno. La Calza, che ha «applicato gratuitamente nèi e jabots» a tutti i partecipanti, ha assegnato premi e riconoscimenti ai costumi più belli. Il direttore della festa era Giuliana Longo, l’architetto Brunella Brunello, le ambientazioni d’epoca di Renzo Da Tos, le musiche di Massimiliano Longo, i costumi di Amalia Longo, la grafica di Jurubeba Bomfim, gli effetti speciali di Arnaldo Ciavata. Con la partecipazione straordinaria dei bravissimi attori napoletani del teatro di strada dei Chille de la Balanza diretti da Claudio Ascoli: diciotto personaggi che interpretano un folle insieme di falsi musici e falsi nobili, improbabili quartetti d’archi e surreali capitani veneziani e principi russi, avventurieri squattrinati e borghesi arricchiti.

«I veneziani si festeggiano col gran ballo serenissimo» titola La Repubblica del 6.2.1983, che parla di «un tuffo nel Settecento tra pizzi ricamati, baute, tricorni e nei sulle guance». «Il tricorno di rigore», titola Il Giorno. «Una serata d’apertura che ha mantenuto intatto il sapore veneziano che era nella volontà degli organizzatori – scrive Luciana Boccardi su Il Gazzettino – dal palco alla strada i ballerini sono scesi a invitare maschere e mascherine coinvolgendo i presenti in una serata che ha fuso benissimo un’atmosfera popolare con un cliché di eleganza e di nostalgie aristocratiche». «Il vero successo del week – end è stato sabato in campo San Polo il gran ballo serenissimo dell’amor venexian» rileva Gino Fantin sul Corriere della Sera, il quale sostiene che «con la Compagnia de Calza siamo ormai ai limiti del carnevale popolare, assai più vicini allo spettacolo teatrale e a quel carnevale della ragione che fu promosso e lasciato in eredità dalla Biennale Teatro».

1983 - Gran Balo de L’amor e de la Morte

Al tradizionale impianto del Ballo Macabro con cui la Calza ha esordito nell’81 e che ha riproposto nell’82 «per esorcizzare tristezze e pessimismi» allo scopo di allontanare gli spiriti del male attraverso un gran uso di scheletri, fantasmi, diavoli e streghe in un’ambientazione medievale tra luci, suoni e colori che sembrano provenire dall’oltretomba, si aggiunge quest’anno il tema dell’Amore, corrispondendo in questo l’ispirazione, spiegano gli Antichi, ai grandi temi wagneriani. Ecco allora che la fantasia imbizzarrita della Compagnia fa incontrare nel magico scenario di San Polo l’Amore e la Morte, protagonisti di una lotta eterna, senza quartiere, ma anche teneri e appassionati amanti, e alla fine uniti in un abbraccio quasi liberatorio. Al Gran Balo de l’Amor e de la Morte, che va in scena a San Polo sabato 12 febbraio alle 18, il pubblico è stato invitato a vestirsi a piacimento da Amore o da Morte, e a dividersi in due grandi fazioni: da una parte quelli dell’Amore, nei loro colori rossi come il fuoco che brucia, dall’altra quelli della Morte, bianchi, pallidi nei loro sudari. Prima si sono guardati in cagnesco, poi si sono affrontati sul campo cercando di sopraffarsi a vicenda. Ma alla fine si sono abbracciati e baciati, suggellando così l’unione di due forze come l’Amore e la Morte, così presenti insieme anche nella vita di Venezia. Ideata e diretta dallo scenografo Lorenzo Spinazzi, con i ballerini del Jazz Dance Studio e gli attori dei Chille de la Balanza che interpretavano il gioco dell’amore e della morte liberandosi di grandi mantelli neri che scoprivano abiti multicolori fatti di mille bolle d’aria, la festa è divenuta di quelle storiche per l’incredibile performance di Renè Clemencic che con la sua orchestra di dodici elementi in abiti antichi coi volti dipinti metà di un colore e metà di un altro, il Clemencic Consort, è riuscito a suonare dal vivo e a far ballare per ben sette ore di seguito, con le sue musiche d’epoca e i suoi strumenti d’epoca, le migliaia di persone che affollavano il campo. Viennese di origine istriana, strumentista, compositore, musicologo, regista, insegnante e collezionista di strumenti antichi, Clemencic è il leader di un raffinatissimo ensemble internazionale di cantanti e strumentisti che usano strumenti d’epoca e si sono specializzati in performance musicali del medioevo, del rinascimento e del barocco. Il Clemencic Consort ha eseguito, tra gli altri, questi brani: «La morte canta e balla», «Il flauto vince la morte», «Il flauto fa ballare la morte», i «Carmina Burana» e altre musiche d’epoca fra il IX e il XVII secolo. Campo San Polo, che non lo voleva più lasciare andar via, lo ha costretto a numerosi bis e salutato con venti minuti di applausi e di ovazioni. «Non avevo mai suonato in una piazza e tanto meno per far ballare la gente, è stata un’esperienza fantastica che non dimenticherò mai» ha commentato Clemencic a fine serata, esausto, felice, stupito di questa esperienza curiosa e sorpreso di tanto successo, ma anche un po’ brillo, come i suoi musicisti, perché le stufette che dovevano riscaldare il palco, in una serata piuttosto fredda, non erano sufficienti, e gli Antichi non avevano altro, per la bisogna, che dei grandi bottiglioni di grappa. Gli orchestrali, peraltro, hanno mostrato di gradire. Alcuni di loro, anzi, hanno confessato che la qualità della loro esecuzione ne ha tratto giovamento. «In piazza c’era la solita, cioè pessima, disco music – scrive Gino Fantin sul Corriere della Sera del 16.2.1983 – ma della splendida ed applauditissima musica era stata offerta nei campi dal Clemencic Consort. Dunque non si è piombati, con l’assenza della Biennale teatro, allo strapaese». «A campo San Polo, sovrano scenario di un’elegante e venezianissima festa – racconta Leopoldo Pietragnoli su Il Gazzettino del 15.2.1983 – è accaduto, per cinquemila e passa, il miracolo di un’orchestra di lusso, la Clemencic Consort di Vienna, che aveva promesso un’oretta di deliziosa musica, roba del Trecento o giù di lì, ed è rimasta a suonare per sette ore filate. E dovevi vederli, ’sti veneziani in maschera (anzi no, in costume) intrecciar danza su ritmi medievali come fosse passatempo d’ogni giorno». Renè Clemencic ha tenuto in quei giorni di Carnevale anche altri due applauditi concerti, «Il flauto e la morte» mercoledì 9 febbraio al Teatro Toniolo di Mestre, e Asinaria Festa, un concerto medievale di antiche musiche carnevalesche dei secoli bui, venerdì 11 alla chiesa di San Stae a Venezia.

1983 - El Ritorno dal Katai Gran Balo del Milion

Gli Antichi chiudono a San Polo il Carnevale del 1983 con un omaggio ad uno dei veneziani più celebri al mondo: Marco Polo. A lui, alla sua famiglia, alla Cina e al Kublai Khan, è infatti dedicata la grande festa finale, El ritorno dal Katai, Gran Balo del Milion, che va in scena in campo San Polo martedì 15 febbraio 1983 alle ore 18. La festa descrive il ritorno a Venezia, dopo mille peripezie, di Marco Polo che arriva con il suo seguito variopinto e con il suo tesoro di pietre preziose, di cortigiane, stoffe, ventagli espaghetti! Insieme a lui arrivano misteriosi personaggi, mercanti, ladri, avventurieri, mongoli, monaci tibetani, eunuchi, che Marco ha raccolto durante il suo lungo viaggio. E appena sbarca a Venezia dalla sua nave, trova ad accoglierlo grandi manifesti scritti in cinese: «Marco Polo ritorna». La città celebra allora il suo trionfo. Marco, interpretato da Mario Andreoli, viene caricato su una portantina riccamente addobbata e portata a spalle dai veneziani in corteo, mentre lo accompagna un sottofondo musicale di raffinate musiche orientali, ricercate e selezionate per l’occasione dal celebre musicologo di Kambalik, Chang Hing Wing. Per l’occasione gli Antichi, guidati dal «direttore di festa» Roberto Biscontin, hanno offerto agli spettatori «cineserie, cotillons e assaggi di fili di grano cinese conditi con spezie», mentre gli attori dei Chille de la Balanza armeggiavano intorno al più curioso dei doni arrivati dall’Oriente: un magico albero gonfiabile vicino al quale degli improbabili mercanti si affannavano a vendere pesci di gomma, rotoli di carta igienica e palle di plastica. Finché l’albero gonfiabile prendeva forma e dalle radici uscivano dei fili lunghi come spaghetti. «Tra musiche e ghiottonerie cinesi, il ritorno dal Katai di Marco Polo è stata l’ultima squisita fatica della Compagnia de Calza» scrive Leopoldo Pietragnoli su Il Gazzettino del 16.2.1983. «In campo San Polo conclude il suo brillante carnevale la Compagnia de Calza con il gran ballo del Milion e il ritorno di Marco Polo dal Katai – commenta Gino Fantin sul Corriere della Sera del 15.2.1983 – Marco Polo arriva con i tesori raccolti nel lunghissimo viaggio: venti splendide concubine regalategli dal pascià di Bassora, mercanti, ladri, avventurieri, mongoli, monaci tibetani, eunuchi, ma anche stoffe e pietre preziose, ventagli e spaghetti. È accolto alla riva, caricato su una portantina e con il suo corteggio mascherato fa da nucleo centrale a uno spettacolo cinese con raffinate musiche orientali dell’epoca».

1983 - Pioggia battente sulla Trasformation e sul Gran Ballo di Cent’Anni fa

Altre due feste, programmate in campo San Polo, sono saltate a causa della pioggia battente che ha sferzato il Carnevale, il Gran balo del travestimento e de la trasformation previsto per giovedì 10 febbraio «sotto il simbolo alchemico dell’Androgino», e il Gran Ballo Cent’anni fa con l’orchestra-concerto Cantoni e il suo repertorio di musiche del 1860, in programma domenica 13 febbraio per ricordare la data del 13 febbraio 1883 quando fra polke, mazurke, valzer e quadriglie la città «ballò la morte» di Richard Wagner. Il maltempo peraltro non ha impedito ai Compagni de Calza e ai teatranti dei Chille de la Balanza, di inscenare egualmente una beffa a San Polo, con una irruzione dei seguaci di Giuseppe Verdi, interpretati da accesissimi loggionisti del teatro Regio di Parma, che hanno sbeffeggiato il funerale di Wagner, in corso di celebrazione, al grido di «È morto Wagner, viva Verdi!».

1983 - Mille Diplomi alle Maschere più Belle

Più di mille diplomi in carta pergamena sono stati distribuiti dagli Antichi ai migliori travestimenti di cittadini veneziani e stranieri, nella giornata di domenica 6 febbraio, nonostante la pioggia che ha impedito la sfilata de El Novo Liston de le Mascare prevista in campo Santo Stefano. Un corteo vivace e pittoresco dei Compagni de Calza nei tradizionali abiti quattrocenteschi, preceduti dal Doge dei Nicoloti e dal suo nobile seguito di dame e cavalieri, ha percorso, incurante del maltempo, le calli e i campielli del centro storico al suono incalzante di un tamburo. Da Santo Stefano a Piazza San Marco, gli Antichi hanno premiato pagliacci e cicisbei, dame e velate nobildonne dell’Ottocento.

Non la pioggia ma «problemi di traffico» hanno invece bloccato un’altra iniziativa degli Antichi, il primo Mercatino de le Mascare e dei Mascarari che avrebbe dovuto tenersi in campo Santo Stefano sabato 5 e domenica 6 febbraio. Un’iniziativa anticipatrice di quello che poi sarebbe stato, ed è tutt’ora, il mercatino degli artigiani che ogni anno si tiene nello stesso campo a Carnevale. Ma nel 1983 le competenti autorità non erano, evidentemente, così lungimiranti, tanto che, pochi giorni prima dell’apertura del mercatino, l’assessore comunale al commercio decise di sospendere la manifestazione «per motivi di viabilità». Un telegramma di protesta contro la «pretestuosa, inopinata e tardiva» soppressione del mercatino, la cui istituzione era stata approvata dall’apposito comitato comunale addetto alle manifestazioni, fu inviato all’assessore al commercio da quattordici mascherai veneziani che avevano aderito all’iniziativa.

1983 - Presi per la Gola Gara di Cucina in Campo

Non poteva mancare, nella resurrezione del Carnevale, anche un recupero gastronomico: quello dell’antica cucina veneziana. Piatti dimenticati, dai sapori forti, elaborati secondo antiche e misteriose ricette di cui si era perso il ricordo e l’usanza. Per questo gli Antichi hanno organizzato in campo San Maurizio, a mezzogiorno di domenica 6 febbraio, sotto la direzione di Franco De Cal e Gianni Matteucci, un grande pranzo in maschera all’aperto, al quale hanno chiamato a concorrere, in una gara all’ultima portata, le famiglie veneziane che erano riuscite a scovare, in qualche polverosa soffitta, le ricette della bisnonna. Si sono presentate una ventina di concorrenti, per lo più signore e signorine abitanti del campo e dei dintorni, che hanno ciascuna preparato un piatto particolare nella cucina di casa e lo hanno portato, caldo e fumante, su una gran tavolata allestita al centro del campo, dove i compagni de calza si erano assisi affamati in veste di giurati. Alla fine il verdetto è stato unanime e magnanimo: avendo gli Antichi mangiato tutto, tutte le «cuoche» sono state premiate con i diplomi della Calza in carta pergamena. Si sono accese alcune liti nel dopopranzo, anche a causa dell’elevato tasso alcolico, in seguito alla cacciata dal campo di alcuni osti e trattori che si erano presentati travestiti da «gnaghe» e pretendevano di partecipare alla contesa culinaria. «Dalla gara – ha intimato il Priore, acclamato dalla folla delle cuoche – sono tassativamente esclusi i professionisti!».

1983 - Il Priore Zane Cope al Rotary

Inesauribile nelle pubbliche relazioni, il Gran Priore della Calza Paolo Emanuele Zancopè illustra, durante il Carnevale, le iniziative degli Antichi a una «riunione conviviale» del Rotary Club che si svolge l’8 febbraio 1983 all’Hotel Danieli di Venezia. Dal verbale della riunione, pubblicato sul bollettino del Rotary, si ha notizia del menu, palesemente internazionale (cannelloni alla sorrentina, patate alla parigina, carciofi alla veneziana), e dell’andamento della serata, in cui il presidente del Rotary, Pier Filippo Grimani, presenta Zancopè oltre che come Priore e antiquario, curiosamente come «laureando» (un lapsus? Uno sbaglio? Un errore di stampa?) in giurisprudenza e sociologia. Poi si annota che «è accompagnato dalla più giovane componente della Compagnia, signorina Elisabetta Cibot, francese di Parigi, studentessa di archeologia, figlia di un rotariano parigino, che con gli altri due giovani in costume mascherato ha voluto rallegrare la nostra riunione». Quindi il bollettino cita le lodi di Grimani a Zancopè che «ha rianimato da alcuni anni la Compagnia con l’intenzione di far rivivere la tradizione del Carnevale Veneziano». Della relazione tenuta da Zancopè si dice che «l’argomento si è rivelato interessante anche sotto il profilo storico, oltreché attuale». «Al sig. Zancopè, al quale è stato indirizzato un caloroso applauso e complimentato per la sua encomiabile iniziativa – si legge ancora – è stato fatto omaggio del tradizionale grosso veneziano, a ricordo del piacevole incontro. L’oratore, con gesto simpatico, ha voluto ricambiare offrendo a tutti i presenti un calice di ottimo spumante Il Grigio imbottigliato per la Compagnia dalla ditta Collavini di Corno di Rosaccio (sarebbe Rosazzo n.d.r.), Udine».

1983 - Diploma di «Bela Mascara» al Ministro della Cultura

Blitz della Compagnia de Calza, sabato 12 febbraio, all’arrivo del treno itinerante Marco Polo – Il Milione, al binario numero uno della stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia. Il Doge dei Nicoloti, al secolo Mario Andreoli, accompagnato da una nutrita rappresentanza dei Compagni de Calza e dei Chille de la Balanza vestiti da scolaretti, si è incontrato con il ministro dei Beni culturali on. Nicola Vernola e con il presidente della Eri, edizioni Rai, Guido Ruggiero. Erano presenti il sindaco di Venezia Mario Rigo, il prefetto e il regista del film televisivo Marco Polo, Giuliano Montaldo. Al suono solenne del tamburo della Serenissima, il Doge ha fatto dono al ministro del diploma degli Antichi di più bela mascara de Venetia. «Adesso el pol girar par Venetia anca in borghese, come che prescrive el so lavoro – ha sentenziato – parché el ga el diploma de bela mascara!». Non sappiamo se le autorità presenti colsero il senso dell’autorizzazione.

1983 - La Beffa: lische di pesce al «Gato» di Chioggia

Un cofanetto contenente una lisca di pesce (autentica) offerta in omaggio al «gato de Ciòsa», il gatto di Chioggia, come i veneziani chiamano con sarcasmo il leone di San Marco che sorge sul monumento di Piazzetta Vigo a Chioggia, così piccolo da sembrare per l’appunto un gatto. È questa la beffa di Carnevale che la Compagnia de Calza, guidata dal Doge dei Nicoloti, è andata a realizzare domenica 13 febbraio a Chioggia, «presente una nutrita rappresentanza locale in costume e non», come informa Il Gazzettino del 14.2.1983. L’incontro è avvenuto davanti al municipio, da dove il variopinto corteo si è mosso per approdare fino alla celebre colonna. Qui la beffa si è compiuta: i veneziani hanno deposto il cofanetto contenente la lisca di pesce, insieme a una grande cesta di vimini piena di altre lische («freschissime» hanno assicurato), e in cambio la città di Chioggia rappresentata dall’assessore alla cultura ha offerto agli ospiti un modellino di bragozzo, la tipica imbarcazione dei pescatori chioggiotti. Quindi, in segno di riappacificazione tra le due città, il «gato» di Chioggia è stato simbolicamente eletto «compagno de calza ad honorem».

1983 - Convegno a Palazzo Grassi sull’opera di Giorgio Baffo

Studiosi, letterati, artisti e molti veneziani e curiosi hanno partecipato lunedì 14 febbraio a Palazzo Grassi ad un convegno sull’opera del poeta erotico veneziano Giorgio Baffo, promosso dalla Compagnia de Calza in collaborazione con il Centro di Cultura di Palazzo Grassi. «È con due secoli di ritardo – ha detto lo scrittore Nantas Salvalaggio – che onoriamo questo grande poeta veneziano con un convegno che è un atto di riparazione all’uomo che ha scritto una lode alla vita». Immersi nelle musiche settecentesche del Trio Veneziano, gli scrittori Piero Chiara ed Elio Bartolini, studiosi del Baffo e autori delle prefazioni all’opera completa di Baffo rispettivamente per le edizioni della Mondadori e della Longanesi, la scrittrice Milena Milani e l’attore Massimo Foschi, hanno parlato dell’attualità poetica e culturale dell’autore dell’inno all’amore e all’erotismo. Intanto nella sala l’artista Giorgio Spiller metteva in mostra le sue «creature» mascherate ispirate alle poesie di Baffo e raffiguranti organi sessuali maschili e femminili. A chiusura del convegno, di fronte a un pubblico entusiasta, divertito e per niente scandalizzato, il Gran Priore della Calza Zane Cope ha letto alcuni brani del poeta maledetto.

1983 - I Antichi chiudono su un brigantino «Il Carnevale lo ha fatto la città»

La Compagnia de Calza, la mattina di mercoledì 16 febbraio, giorno delle Ceneri, ha brindato alla fine del Carnevale su un brigantino, un antico veliero alla fonda alla Punta della Salute. Un altro Carnevale di successo per la Calza. «Idee e spettacoli deliziosi messi insieme con la finezza dell’erudito e l’entusiasmo dell’appassionato in una preziosa ambientazione e con musiche originali» ha commentato Il Corriere della Sera. «Parrebbe di cogliere il nuovo filo del Carnevale attorno a questa brigata di 25 gentiluomini veneziani – scrive l’inviato del quotidiano milanese Gino Fantin – che aprono addirittura un raffinatissimo ufficio stampa in un negozio d’antiquariato del centro e fanno cerimoniosamente gli onori di casa come se fossero loro la Biennale. E quanto a gusto, non ci scapitano davvero». «La Compagnia de Calza – scrive Maurizio Crovato su Il Gazzettino – sembra un vulcano in continua eruzione». «Era stato detto che sarebbe stato un Carnevale paesano di cui Venezia si sarebbe dovuta vergognare. È successo esattamente l’opposto – commenta il Gran Priore Paolo Emanuele Zancopè – la città ha fatto propria la festa, l’ha creata, l’ha vissuta giorno per giorno, in crescendo, fino all’ultimo. È stato realmente un Carnevale «di» Venezia, esploso nei campi, nei sestieri e nelle case private, ma aperte a molti, dei veneziani». «A San Polo – ha aggiunto – la Compagnia ha potuto, con l’aiuto della città e dei suoi abitanti di cui è espressione, ricreare il clima delle feste popolari veneziane più autentiche, dove al gioco del ballo sono stati aggiunti gli ingredienti dello spettacolo, dell’azione teatrale, del concerto dal vivo, dello scherzo, della beffa e dell’imprevisto». «Qualcuno ci ha accusato di essere dei goliardi, di non fare cultura – ha proseguito – non ci offende l’epiteto di goliardi, se inteso come satira e sberleffo che sono elementi tipici del Carnevale. Quanto alla cultura, più che alle parole e alle sterili polemiche, noi crediamo ai fatti: una piazza di diecimila persone ha tenuto inchiodato a San Polo Renè Clemencic a suonare per sei ore e mezza dal vivo musiche medioevali, con la gente che non lo voleva più lasciar andar via. Questo, noi crediamo che sia cultura». «E ora – ha concluso – su questo movimento spontaneo, autenticamente e storicamente popolare, possono ben innestarsi le forze della cultura, le prestigiose istituzioni cittadine, per esaltarne le suggestioni. Non il contrario».

1983 - La Calza diventa Comitato Promotore del Carnevale

Il 25 aprile 1983, nel giorno dedicato a San Marco, la Compagnia de Calza «I Antichi» si costituisce in «Comitato Promotore per il Carnevale di Venezia», con lo scopo di promuovere il Carnevale «nel rispetto della tradizione, cultura e storia della nostra Serenissima Città». Il Comitato, si legge nell’atto di costituzione, ha inoltre come obiettivo «la rivalutazione delle antiche Feste popolari, dei costumi e consuetudini del Popolo Veneziano, attraverso manifestazioni, studi, ricerche e promozioni». «Tutto ciò – dice il Presidente del Comitato, Paolo Zancopè – non ha e non dovrà avere alcun fine di lucro, né obiettivi politici o interessi personali, salvo quelli della cultura e dell’amore per la nostra città». Compongono il Comitato Promotore, oltre al presidente, il benestante veneziano Aldo Bon, l’artigiano Franco De Cal, l’oste Roberto Biscontin e la grafica brasiliana Judith Souza Bomfim.

1983 - A San Pietro di Castello Il Torneo dei Galeoni nel Ricordo della Vittoria sopra i Tartari Ugri

Nell’estate del 1983, la Compagnia de Calza ha riportato in vita l’antichissima festa popolare di San Pietro di Castello, celebrata in passato da scritti e incisioni di artisti famosi, organizzando, nei giorni 24 – 25 – 26 giugno 1983, un’antica disfida acquea «a singolar tenzone» su galeoni da combattimento, in cui si sono cimentati Castelani e Nicoloti, le due fazioni tradizionalmente rivali della città. La festa, organizzata d’intesa con il Comune, il consiglio di quartiere e la comunità religiosa di San Pietro, ha delle origini che si perdono nel lontano 888, quando una feroce popolazione barbara, quella dei Tartari Ugri (che poi diede il nome all’Ungheria) dopo aver messo a ferro e fuoco la Lombardia, rivolse le sue mire anche su Venezia, perché aveva sentito parlare di questa città ricca di commerci e quindi pensava di farvi un buon bottino. I veneziani prima corsero ai ripari fortificando il quartiere di Olivolo che perciò prese il nome di Castello, e poi decisero che la miglior difesa era l’attacco. Armarono una flotta e, con il Doge al comando, partirono all’attacco dei Tartari che, da Chioggia, si preparavano ad attraversare la laguna per puntare su Venezia.

La battaglia navale, raccontano le antiche cronache, fu violentissima e cruenta, con i Tartari che resistevano «con ostinazione rabbiosa». Alla fine i veneziani «più avvezzi all’agitazione dell’acqua e più pratici al maneggio delle vele» ebbero la meglio, e gli Ugri furono costretti a fuggire «lasciando la laguna coperta di cadaveri e di frantumi di barche». «La gloriosissima giornata del 29 giugno consacrata a San Pietro – racconta Giustina Renier Michiel in Origine delle feste veneziane (1829) – lasciò a lungo di sé una gradevole rimembranza, poiché venne annualmente solenneggiata con isplendide feste. Grandi e magnifiche certo dovettero essere se concorrevano in numero grande gli Italiani per ammirarle e goderle».

La Festa de San Piero de Castelo resuscitata dalla Calza nel 1095° anniversario della vittoria riportata dai Veneziani sopra i Tartari Ugri, ha riproposto l’antica disfida acquea tra Veneziani e Tartari Ugri, mettendo a singolar tenzone i campioni delle due fazioni rivali: i Castelani di Castel d’Olivolo e i Nicoloti di Cannaregio. I campioni della Calza con la calzamaglia rossa, oro e viola, venivano schierati in squadre di sei contro sei nelle fila dei Castelani (giubba nera) e in quelle dei Nicoloti (giubba rossa), gli uni contro gli altri armati. A bordo degli antichi galeoni attrezzati appositamente al combattimento navale, i campioni, armati di una lunga lancia da torneo, prendevano posto sul castello di poppa da dove dovevano colpire l’avversario, dai galeoni in corsa, fino a farlo cadere in acqua. La festa era arricchita anche da altre manifestazioni: mostre fotografiche d’epoca, spettacoli, concerti, giochi, stand di artigianato, gastronomici, regate, tombole, «fresco notturno» con le barche addobbate e premi per le imbarcazioni meglio «vestite». Tutti le rive e i canali venivano illuminati a festa, mentre i veneziani cenavano in barca, come si usava un tempo, e gli abitanti di San Pietro portavano le loro tavole all’aperto e i pescatori friggevano in piazza il pesce appena pescato.

La disfida, seguita da una «incredibile partecipazione popolare quasi a livello di tifo calcistico», finì con un «salomonico verdetto di parità», scrive Claudio Pasqualetto su Il Corriere della Sera del 27.6.1983. Dopo dieci attacchi, «pacche ed ematomi in tutto il corpo», annota Maurizio Crovato su Il Gazzettino del 27.6.1983, i guerrieri di parte castellana, Piero Sievolo e Checco Sardea, e di parte nicolotta, Toni Acquastanca e Bepi Canocia, «sono colati a picco in sincronia», mentre sul palco l’orchestra Cantoni di Parma suonava antiche musiche da ballo e lisci ottocenteschi.

1983 - La Compagnia edita un Vocabolario Medico Segreto

Gli Antichi, nel 1983, inaugurano anche l’attività del proprio settore editoriale, con la pubblicazione di un vocabolario medico segreto, che viene presentato martedì 25 ottobre alle ore 18 in campo San Maurizio. Si tratta di un «Vocabolario segreto di terminologia medica comparata ed analogica», opera del primario ospedaliero Giorgio Bertolizio, un triestino compagno de calza che vive a Brescia. Il suo vocabolario, corredato di illustrazioni antiche, è scritto con ironia e humour sottile, e serve «a farvi sentire più a vostro agio di fronte al medico», spiega l’autore. «Può anche indurvi a pensare – aggiunge – ma non è obbligatorio».

1983 - Gli Antichi presentano il programma per il 1984

Con una lettera inviata al Comune e alle autorità il 18 ottobre 1983, il Gran Priore Paolo Zancopè anticipa e annuncia i programmi della Calza per il 1984. «Il Carnevale deve acquisire una sua fisionomia meglio definita e perfezionata – scrive – che dovrà puntare su una caratteristica fondamentale: la venezianità». «Una venezianità non intesa in senso paesano, deteriore o nostalgico – spiega – ma come richiamo profondo e autentico alle radici storiche, culturali e popolari della città, riproposte in un connubio molto stretto con l’anima, il modo di sentire, le esigenze e i problemi della comunità veneziana di oggi. Perché il veneziano vuol fare Carnevale e vuol farlo da protagonista identificandosi con la sua città». «Se questo concetto non viene fin d’ora capito – aggiunge il Priore – è inutile fare Carnevale a Venezia. Organizziamo un bel volo charter e andiamo tutti a Rio de Janeiro!».

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martedì 25 ottobre 1983 ore 18

Venezia, Campo San Maurizio

Presentazione del libro «Vocabolario segreto di terminologia medica comparata ed analogica» di Giorgio Bertolizio